martedì 24 settembre 2013

Una lettera dal direttivo del SSD Ing-Ind14 e mia risposta



Michele Ciavarella 
22:41 (1 minute ago)
to Gianni Nicoletto Dario Amodio

I temi sollevati da Dario Amodio sono tutti importanti.  Purtroppo la tendenza italiana è di parlare di "eccellenza" 

in modo molto superficiale, senza toccare veri temi, e senza mettere a disposizione grandi risorse.  
 Voglio sottolineare per es. la strana uscita di Matteo Renzi che, probabile vincitore nel PD, anche lui parla ù
di 5 sole università di eccellenza, probabilmente intendendo che la fetta già scarsa dei 7 miliardi di Euro 
ùdovrà essere concentrata a poche università scelte dall'alto, e in cui i singoli docenti non sempre sono eccellenti. 

 Le sfide che ci sono da affontare in Italia sono non facili con una politica che parla di classifiche calate dall'alto 
e progetti di eccellenza senza soldi. Almeno facessero i progetti di eccellenza tedeschi con 10 miliardi di euro, 
potremmo sperare. Guardando alla realtà tedesca, che per molti versi è simile a quella italiana di qualche 
decennio fa, verrebbe da essere depressi come Dario Amodio.

http://rettorevirtuoso.blogspot.it/2013/09/a-proposito-della-storia-delle-research.html

Dovremo quindi stringere la cinghia, e fare dell'aias un appuntamento piu' economico e facile.  La "retta" di iscrizione deve essere ridotta, perchè per molti spendere 1000 Eu a testa per un convegno non e' piu' possibile.

Dovremo come gruppo fare squadra per resistere alla politica che trascura e ignora l'università con slogan facili e inutili, e quasi sempre dannosi per l'intero sud d'italia, per es.! 

Quando si parla di eccellenza, sarà vero che è concentrata tutta in 5 università come dice Matteo Renzi, qualunque esse saranno (probabilmente PoliMI, PoliTO, Pisa etc. etc.).   Perche' non si da la possibilità ai singoli di scegliere liberamente allora di andare in una "università di eccellenza"?

In Italia si sta facendo qualcosa di non molto dissimile dalla politica nazista in cui Albert Einstein non faceva "fisica ariana".  Se Albert Einstein oggi fosse al Politecnico di Bari, cosa dovrebbe fare, per es.?   Questo un tema di cui il ns gruppo potrebbe discutere.

Rispondo quindi alle importanti sollecitazioni di Dario Amodio con qualche piccolo suggerimento

1) creare sedi di incontro piu' snelle, economiche, e senza pubblicazione di atti costosi
2) creare gruppi di discussione senza doversi sempre incontrare (facebook, social network, skype?)
3) parlare anche di come fare altro che i PRIN.  Se i colleghi "fortunati" in un dato momento hanno grossi finanziamenti, perchè non coinvolgere le "eccellenze" magari dislocate in altra sede?  Questo vorrebbe dire fare gruppo.  Invece persino nelle singole sedi, e parlo per esperienza personale, non sempre si fa "squadra", e capita che ci siano grossi finanziamenti su temi di ricerca in cui c'e' un'eccellenza nella porta accanto, nello stesso SSD, ma per motivi emotivi o non meglio identificati, non si fa uso delle risorse.

Ecco i tanti sprechi che dovremmo risolvere.  Non ce li possiamo piu' permettere!


Con preghiera al direttivo AIAS, o a Gianni Nicoletto, di trasmettere.   Se non si permette ai singoli di parlare, allora è inutile dire che si vuole mantenere viva AIAS, o vivo il SSD, con metodi ormai superati.

Saluti, Michele Ciavarella





Cari Colleghi,
vi scrivo per sottoporvi alcune considerazioni che avrei voluto fare durante l’Assemblea dei
Soci AIAS, a Salerno, lo scorso12 settembre, ma che poi, per il clima frettoloso, per dir così, che
si è creato, ho preferito non fare.
Forse è meglio così. Scrivere, più che parlare, concede il giusto tempo per pensare e chi legge
può farlo se, come e quando preferisce.
Avrete certamente notato che la partecipazione all’AIAS quest’anno è stata particolarmente
scarsa; e non perché l’evento sia stato male organizzato, tutt’altro. Colgo qui l’occasione per
complimentarmi ancora una volta con il Collega Feo e con tutto il gruppo organizzatore
dell’Università di Salerno, per aver condotto molto bene il convegno quest’anno e per aver
mantenuto, al tempo stesso, la quota di partecipazione entro i limiti indicati dal Direttivo.
Il nostro convegno annuale è stato sempre un momento importante di incontro, inter e trans
generazionale: per i giovani, un’occasione per conoscersi e stabilire quei legami scientifici e,
perché no, anche di amicizia, che sono alla base di una sana comunità di studiosi; per gli
anziani, la possibilità di farsi un’idea delle nuove generazioni, meno superficiale di quella che
è possibile ricavare dalle carte di un concorso; per tutti, la possibilità di mantenere aggiornato
il panorama di “chi fa che cosa” in Italia nel nostro Settore.
La partecipazione all’AIAS, tuttavia, costa tempo e denaro e tutti noi siamo disposti sempre
meno ad impegnare sia l’uno che l’altro per iniziative che non siano strettamente utili al
nostro lavoro. Pubblicare all’AIAS, lo sappiamo bene, non contribuisce ad incrementare gli
indici di valutazione della ricerca. A questo si aggiunge che l’attuale sistema di abilitazione,
basato su forti elementi oggettivi di valutazione e, soprattutto, privo di qualsiasi contatto
diretto tra candidati e commissari, ha forse affievolito in molti la convinzione che promuovere
la conoscenza trans generazionale possa avere qualche utilità.

Il tradizionale convegno annuale, e con esso la stessa Associazione, sono quindi destinati ad
un inesorabile declino? L’AIAS è in fin di vita? Come qualcuno ha osservato a Salerno,
scuotendo mestamente il capo mentre usciva dall’Assemblea dei soci.
Io spero proprio di no; e cercherò qui di spiegare il perché.
Sono convinto che, nonostante all’AIAS partecipino alcuni colleghi di settori scientifici diversi
da ING IND/14 (gli organizzatori dell’edizione di quest’anno, appunto), la buona salute
dell’Associazione sia inevitabilmente legata a quella del nostro SSD.
A mio avviso, il fulcro della questione sta nella nostra convinzione e nella conseguente volontà
di mantenere viva una “comunità” scientifica nell’ambito del Settore ING IND/14. Se questa
volontà esiste, se la grande maggioranza di noi ne è convinta, allora a me sembra evidente che
un incontro sistematico di tutti i partecipanti a questa comunità sia indispensabile perché
questa possa esistere e svilupparsi. È pur vero che ci sono le assemblee del Settore, di tanto in
tanto, dove si discute e si prendono decisioni; ma è il convegno, secondo me, il luogo naturale
per tenere viva la comunità, il luogo di incontro di dottorandi, assegnisti, ricercatori, i quali
difficilmente parteciperebbero all’assemblea di Settore. Non è detto che il convegno debba
essere annuale o tenersi sempre con le stesse modalità, purché sia sistematico ed organizzato
secondo un rituale di convivialità, anche minimo, che lo renda umanamente gradevole.
È vero che ci può incontrare nei congressi internazionali, certamente ben più utili dal punto di
vista scientifico, oltre che della carriera. Ma molto difficilmente in tali occasioni si incrocia più
di qualche collega dello stesso SSD tra quelli che condividono gli stessi, specifici, interessi
scientifici. Invece all’AIAS, sia pure con tutte le limitazioni di un convegno nazionale, si riesce
ad avere un quadro ampio delle attività di ricerca dei vari gruppi, sempre che il convegno


continui ad essere frequentato da un numero significativo di persone e, soprattutto, da una
rappresentanza omogenea di tutte le sedi.
È pur vero che la qualità dei lavori scientifici in certi congressi internazionali è forse più alta
di quella che possiamo trovare all’AIAS, ma non mi pare che, almeno mediamente, le
differenze siano poi così profonde, nonostante che gli autori, all’AIAS, debbano impegnarsi
con la sgradevole consapevolezza della inutilità, almeno dal punto di vista della valutazione
della ricerca, del proprio lavoro. E poi, la qualità dei lavori presentati all’AIAS dipende solo da
noi: se vogliamo che sia alta, magari presentando qualche memoria in meno ma più curata,
allora il livello del convegno sarà alto.
Le convinzioni della nostra comunità contano molto anche per quel che riguarda l’utilità delle
pubblicazioni AIAS ai fini dell’abilitazione scientifica azionale; il valore che tutti noi riteniamo
opportuno attribuire alle pubblicazioni del convegno, alto o basso che sia, può in qualche
modo riflettersi sui criteri di valutazione adottati dal nostro Settore concorsuale.
Le regole dell’ANVUR, se applicate con saggezza e, sia ben inteso, senza minimamente cedere
a pericolose derive involutive rispetto ai criteri oggettivi di valutazione, consentono alle
commissioni margini di manovra, stretti sì, ma sufficienti a ridare un minimo di peso a quel
che viene presentato all’AIAS, sufficienti per concedere quel poco, nel modo giusto, che possa
mantenerne vivo l’interesse, soprattutto per i più giovani.

Si potrebbe essere tentati di dare una vernice di internazionalità al convegno, per renderlo,
forse, più appetibile; ma siamo certi che sia una buona soluzione? Se si trattasse soltanto di
una leggera vernice, quella che si potrebbe ottenere senza eccessivo impegno, magari con un
piccolo scambio di favori con qualche collega che sia appena fuori la porta di casa, e non di
una sostanziale valenza internazionale, quale incremento della qualità ne deriverebbe? In altri
termini, quali vantaggi ne avremmo in termini di valutazione? Pochi o nulli, credo.
L’ipotesi, poi, di fare del convegno AIAS un vero congresso internazionale a me sembra una
chimera insensata, sia per la scarsa possibilità di successo e sia per l’evidente sproporzione
tra l’enorme impegno necessario ed il possibile risultato; al costo, oltretutto, di snaturare
completamente la funzione e lo scopo dell’AIAS.
Forse si potrebbe rendere più agile e leggera la partecipazione all’AIAS, magari limitando
inizialmente il contributo alla sola presentazione, chiedendo in un secondo tempo, magari
dopo un vaglio di qualche tipo, un testo che trovi posto in una raccolta di memorie. Questo
permetterebbe di evitare l’onere di una pubblicazione a quei tanti lavori ancora in corso, dei
quali è utile dare notizia alla comunità, per favorire scambi di informazioni o collaborazioni,
ma che non sono ancora maturi per essere pubblicati.
Comunque sia, le soluzioni utili per favorire la partecipazione potrebbero essere tante e non
mi pare il caso di discutere qui di come il convegno debba evolversi.
Ho detto prima che la buona salute dell’AIAS è strettamente legata al buon andamento del
nostro SSD. Un esempio, ma non certo l’unico, è l’organizzazione dei PRIN, nota dolente da
diversi anni per il nostro SSD. Senza un efficace coordinamento, lo sappiamo, sarà sempre più
difficile ottenere questo tipo di finanziamento, che potrà anche essere diventato meno
interessante dal punto di vista economico ma che è ancora strategicamente importante.
Se utilizziamo bene le potenzialità dell’AIAS, è proprio in questa sede che potrebbero
formarsi, organizzarsi e coordinarsi le coalizioni dei gruppi per i PRIN, stabilendo una sorta di
programmazione nel tempo, magari un’alternanza nella presentazione delle domande di pochi
grandi progetti, ben sostenuti dal Settore, in modo che non si disperdano le forze e si
aumentino le probabilità di successo. Coalizioni serie, intendo, reali gruppi di ricerca, non
mere cordate di convenienza. Sempre che, beninteso, l’AIAS si organizzi adeguatamente per

questo, magari utilizzando in modo innovativo i gruppi di lavoro, e sempre che la grande
maggioranza di noi lo voglia veramente.
A me sembra, ma posso sbagliarmi, che se non crediamo nell’utilità dell’AIAS, difficilmente
potremo dare un senso ed una reale utilità alla giunta ed al presidente del nostro Settore. Se
non abbiamo la convinzione che la comunità debba dotarsi di uno strumento organizzativo
efficace, che sia in grado operare con l’autorevolezza derivante da un ampio, convinto,
consenso, se non riteniamo che tale azione di coordinamento sia utile per lo sviluppo del
nostro Settore, se non siamo disposti ad accettarne e sostenerne le iniziative, se non siamo
convinti di questo, allora che senso ha mantenere una giunta ed un presidente? Non tutti gli
SSD ne sono dotati e pure continuano ad esistere. È una scelta possibile. Ma non saggia,
secondo me.
Forse qualche gruppo numeroso e forte, o che si senta tale, potrebbe fare allegramente a
meno di giunta, presidente e AIAS. Non credo che sia così neppure per gruppi grandi ma,
certamente, non è così per la maggior parte dei gruppi ING IND/14 disseminati nelle decine e
decine di sedi universitarie in tutta Italia. Non è così, io credo, per quelle sedi nelle quali i
Costruttori di macchine si trovano in difficoltà, magari perché sono diventati numericamente
irrilevanti rispetto ad altri settori disciplinari o perché sono rimasti privi di ordinari o perché
non riescono a sostenere economicamente giovani capaci e volenterosi.
Credo che la nostra comunità, tramite la propria rappresentanza, debba cercare di sostenere
queste situazioni difficili, sia pure nei limiti del possibile, ideando e proponendo soluzioni,
prendendo contatto con i dipartimenti e con le facoltà (quelle sopravvissute), suggerendo
integrazioni e collaborazioni tra gruppi o perfino studiando possibili trasferimenti (c’è
sempre quel 20% di risorse esterne, non dimentichiamolo).
Credo che sia necessaria una rappresentanza che abbia forza sufficiente per operare con
credibilità verso l’esterno. Stiamo andando verso l’integrazione con gli altri due SSD del
nostro Settore concorsuale, è un momento delicato, importante. Se sapremo condurre questa
fase di integrazione con intelligenza e saggezza, potremo amplificare la nostra complessiva
capacità di intervento, a vantaggio di tutti noi.
Il tema del ruolo dell’AIAS e della rappresentanza del nostro SSD è complesso e queste mie
poche e frammentarie riflessioni hanno soltanto sfiorato il problema; tuttavia lo scopo non
era certo indicare soluzioni ma soltanto portare il tema all’attenzione ed alla discussione di
tutti.
Concludo dunque, anche per non strapazzare troppo l’incauto e paziente lettore giunto fin qui,
sostenendo che tanto l’Associazione AIAS quanto la rappresentanza del nostro SSD siano
necessari e meritevoli di interesse ed impegno da parte nostra; credo, inoltre, che entrambi gli
organismi dovrebbero agire con una strategia comune, integrandosi e sostenendosi a vicenda,
con specificità e ruoli diversi, certo, ma con una stretta connessione. Non arrivo a dire che
dovrebbero coincidere, non sono eversivo fino a questo punto, ma sono convinto che siano
due facce della stessa medaglia.
Un caro saluto
Ancona, 19 settembre 2013
Dario Amodio

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