Ricevo da Eugenio di Sciascio una bellissima lettera, che richiama il mio
Grazie, Eugenio! Cosi' possiamo procedere per i sogni nostri, dei nostri figli, dei nostri studenti, del ns SUD!
michele
Carissimi,
in questi tempi di crisi, nei quali talvolta anche il semplice sperare
appare stoltezza, mi permetto di richiamare alla vostra attenzione il
cinquantenario del discorso “I have a dream” pronunciato dal dr.
Martin Luther King a Washington, davanti al Lincoln Memorial, il
28/08/1963.
Nel 1963 in numerosi stati degli USA vigevano ancora leggi
segregazioniste e razziali. Oggi gli USA hanno un Presidente di
colore. Molto cammino è stato fatto e molto ne resta da fare.
I sogni e gli ideali, quando si è disposti a impegnarsi e a dare la
vita per essi (il dr. King verrà assassinato meno di cinque anni
dopo), possono realizzarsi.
Buon re-inizio,
Eugenio Di Sciascio
ps: Per chi fosse interessato, di seguito riporto il testo originale
del discorso in italiano e in lingua originale.
_______________________
Sono orgoglioso di unirmi a voi oggi in quella che passerà alla storia
come la più grande manifestazione per la libertà nella storia del
nostro paese.
Cento anni fa, un grande Americano, sulla cui ombra simbolica ci
troviamo oggi, firmò la Proclamazione per l' Emancipazione. Questo
decreto importantissimo arrivò come un faro di speranza per milioni di
schiavi Negri bruciati dalle fiamme di questa raggelante ingiustizia.
Arrivò come una gioiosa aurora dopo una lunga notte di schiavitù.
Però cento anni dopo, il Negro non è ancora libero; cento anni dopo,
la vita del Negro è ancora dolorosamente segnata dai ferri della
segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il
Negro vive in un' isola deserta in mezzo a un immenso oceano di
prosperità materiale; cento anni dopo, il Negro tuttora langue negli
angoli della società americana e si trova in esilio nella propria terra.
Così siamo venuti qui oggi a denunciare una condizione vergognosa. In
un certo senso siamo venuti nella capitale del nostro paese per
incassare un assegno. Quando gli artefici della nostra repubblica
scrissero le magnifiche parole della Costituzione e della
Dichiarazione d'Indipendenza, stavano firmando una cambiale di cui
ogni americano era garante. Questa cambiale era la promessa che tutti
gli uomini, sia, l'uomo negro e l'uomo bianco, avrebbero avuto
garantiti i diritti inalienabili alla vita, alla libertà, e al
perseguimento della felicità.
È ovvio oggi che l'America è venuta meno a questa promessa per quanto
riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo obbligo
sacro, l'America ha dato alla gente negra un assegno a vuoto; un
assegno che è tornato indietro con il timbro fondi insufficienti. Però
ci rifiutiamo di credere che la Banca della Giustizia sia fallita. Ci
rifiutiamo di credere che non ci siano fondi sufficienti nelle grandi
casseforti dell'opportunità di questo paese. E allora siamo venuti a
incassare quest'assegno, l'assegno che ci darà a richiesta le
ricchezze della libertà e la sicurezza della giustizia.
Inoltre siamo venuti in questo luogo sacro per ricordare all'America
l'urgenza impetuosa del momento presente. Questo non è il momento di
raffreddarsi o prendere i tranquillanti della gradualità. Ora è il
momento di realizzare le promesse di Democrazia; ora è il momento di
uscire dall'oscura e desolata valle della segregazione verso il
cammino illuminato della giustizia razziale; ora è il momento di tirar
fuori il nostro paese dalle sabbie mobili dell'ingiustizia razziale
sul terreno solido della fraternità; ora è il momento di fare della
giustizia una realtà per tutti i figli di Dio. Sarebbe fatale per la
nazione passar sopra l'urgenza di questo momento. Quest'estate
soffocante per il malcontento legittimo del Negro non terminerà fino a
quando non venga un autunno vigoroso di libertà e uguaglianza.
Il 1963 non è una fine, ma un principio. E coloro che speravano che il
Negro avesse bisogno di sfogarsi per essere contento, avranno un duro
risveglio se il paese ritornerà alla solita situazione. Non ci sarà
riposo né tranquillità in America fino a quando al Negro non verranno
garantiti i suoi diritti di cittadino. Il turbine della ribellione
continuerà a scuotere le basi della nostra nazione fino a che non
sorgerà il giorno splendente della giustizia.
Però c'è qualcosa che io debbo dire alla mia gente, che sta sulla
soglia logora che conduce al palazzo di giustizia. Nel processo di
conquista del posto che ci spetta, non dobbiamo essere colpevoli di
azioni inique. Non cerchiamo di soddisfare la nostra sete di libertà
bevendo alla tazza del rancore e dell'odio. Dobbiamo sempre condurre
la nostra lotta su un piano di dignità e disciplina. Non dobbiamo
permettere che le nostre proteste creative degenerino in violenza
fisica. Ancora una volta dobbiamo elevarci alle altezze maestose
dell'incontro tra forza fisica e forza dell'anima. La nuova
meravigliosa militanza, che ha inghiottito la comunità negra, non
dovrà condurci a diffidare di tutta la gente bianca. In quanto
parecchi dei nostri fratelli bianchi, come oggi si vede dalla loro
presenza qui, si sono resi conto che il loro destino è legato al
nostro. E si sono resi conto che la loro libertà è inestricabilmente
legata alla nostra. Non possiamo camminare soli. E camminando,
dobbiamo fare la promessa che marceremo sempre in avanti. Non possiamo
tornare indietro.
Ci sono coloro che stanno chiedendo ai devoti dei Diritti Civili,
Quando sarete soddisfatti? Non potremo mai essere soddisfatti finché
il Negro sarà vittima degli orrori indescrivibili della crudeltà
poliziesca; non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi,
pesanti per la stanchezza del viaggio, non potranno riposare negli
alberghi delle autostrade e delle città; non potremo mai essere
soddisfatti finché la possibilità di movimento del Negro sarà da un
piccolo ghetto ad uno piú grande; non potremo mai essere soddisfatti
finché i nostri figli saranno privati della propria personalità e
derubati della dignità da un avviso scritto Solo Per Bianchi; non
potremo mai essere soddisfatti finché il Negro del Mississippi non
potrà votare ed il Negro di New York crederà di non avere nessuno per
cui votare. No! No, non siamo soddisfatti, e non saremo soddisfatti
fino a quando la giustizia non scorrerà come l'acqua e la rettitudine
come una forte corrente.
Sono ben consapevole che alcuni di voi son venuti fin qui con grandi
dolori e tribolazioni. Alcuni sono arrivati freschi da anguste celle
di prigione. Alcuni di voi sono venuti da luoghi dove la ricerca della
libertà li ha lasciati colpiti dalla tormenta della persecuzione e
barcollanti per i venti della brutalità poliziesca. Voialtri siete i
veterani della sofferenza creativa. Continuate a lavorare con la fede
che le sofferenze immeritate redimono. Tornate nel Mississippi;
tornate in Alabama; tornate nella Carolina del Sud; tornate in
Georgia; tornate in Louisiana; tornate nei tuguri e nei ghetti delle
nostre città del Nord, sapendo che in un modo o nell'altro questa
situazione può essere e sarà cambiata. Non ci rotoliamo nella valle
della disperazione.
Per cui vi dico, amici miei, che anche se affronteremo le difficoltà
di oggi e di domani, ancora io ho un sogno.
È un sogno profondamente radicato nel sogno Americano, che un giorno
questa nazione si solleverà e vivrà nel vero significato del suo
credo, noialtri manteniamo questa verità evidente, che tutti gli
uomini sono creati uguali.
Io sogno che nella terra rossa di Georgia, i figli di quelli che erano
schiavi ed i figli di quelli che erano padroni degli schiavi si
potranno sedere assieme alla tavola della fraternità.
Io sogno che un giorno anche lo stato di Mississippi, uno stato
ardente per il calore della giustizia, ardente per il calore
dell'oppressione, sarà trasformato in un oasi di libertà e giustizia.
Io sogno che i miei quattro figli piccoli un giorno vivranno in una
nazione dove non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per
il contenuto della loro personalità.
Oggi ho un sogno! Sogno che un giorno in Alabama, con i suoi razzisti
immorali, con un Governatore dalle labbra sgocciolanti parole
d'interposizione e annullamento, un giorno, là in Alabama, piccoli
Negri, bambini e bambine, potranno unire le loro mani con piccoli
bianchi, bambini e bambine, come fratelli e sorelle.
Oggi ho un sogno! Sogno che un giorno ogni valle sarà elevata, ed ogni
collina e montagna sarà spianata. I luoghi asperi saranno piani ed i
luoghi tortuosi saranno diritti, e la gloria del Signore sarà rivelata
ed il genere umano sarà riunito.
Questa è la nostra speranza. Questa è la fede con cui ritorno al Sud.
Con questa fede potremo tagliare una pietra di speranza dalla montagna
della disperazione. Con questa fede potremo trasformare il suono
dissonante della nostra nazione in un armoniosa sinfonia di
fraternità. Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme,
lottare insieme, andare in carcere insieme, sollevarci insieme per la
libertà, sapendo che un giorno saremo liberi, e questo è il giorno.
Questo sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio potranno cantare con
nuovo significato Il mio paese è tuo, dolce terra di libertà, di te io
canto. Terra dove è morto mio padre, terra orgoglio del pellegrino, da
ogni lato della montagna facciamo risuonare la libertà. E se l'America
sarà una grande nazione, questo si deve avverare.
E quindi lasciate risuonare la libertà dalle cime dei prodigiosi monti
del New Hampshire.
Lasciate risuonare la libertà dalle poderose montagne di New York.
Lasciate risuonare la libertà dalle altitudini degli Alleghenies della
Pennsylvania.
Lasciate risuonare la libertà dalle rocce coperte di neve di Colorado.
Lasciate risuonare la libertà dalle coste tortuose della California.
Ma non solo.
Lasciate risuonare la libertà dalla Montagna di Pietra della Georgia.
Lasciate risuonare la libertà dalla montagna Lookout del Tennessee.
Lasciate risuonare la libertà da ogni collina e montagna del
Mississippi, da ogni lato della montagna lasciate risuonare la
libertà. E quando questo accadrà, e quando lasceremo risuonare la
libertà, quando la lasceremo risuonare da ogni villaggio e da ogni
casale, da ogni stato e da ogni città, saremo capaci di anticipare il
giorno in cui tutti i figli di Dio, uomo Negro e uomo Bianco, Ebreo e
Cristiano, Protestante e Cattolico, potremo unire le nostre mani a
cantare le parole del vecchio spiritual Negro: Liberi finalmente,
liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo finalmente liberi.
______________________________
______
I am happy to join with you today in what will go down in history as
the greatest demonstration for freedom in the history of our nation.
Five score years ago, a great American, in whose symbolic shadow we
stand signed the Emancipation Proclamation. This momentous decree came
as a great beacon light of hope to millions of Negro slaves who had
been seared in the flames of withering injustice. It came as a joyous
daybreak to end the long night of captivity.
But one hundred years later, we must face the tragic fact that the
Negro is still not free. One hundred years later, the life of the
Negro is still sadly crippled by the manacles of segregation and the
chains of discrimination. One hundred years later, the Negro lives on
a lonely island of poverty in the midst of a vast ocean of material
prosperity. One hundred years later, the Negro is still languishing in
the corners of American society and finds himself an exile in his own
land. So we have come here today to dramatize an appalling condition.
In a sense we have come to our nation's capital to cash a check. When
the architects of our republic wrote the magnificent words of the
Constitution and the declaration of Independence, they were signing a
promissory note to which every American was to fall heir. This note
was a promise that all men would be guaranteed the inalienable rights
of life, liberty, and the pursuit of happiness.
It is obvious today that America has defaulted on this promissory note
insofar as her citizens of color are concerned. Instead of honoring
this sacred obligation, America has given the Negro people a bad check
which has come back marked "insufficient funds." But we refuse to
believe that the bank of justice is bankrupt. We refuse to believe
that there are insufficient funds in the great vaults of opportunity
of this nation. So we have come to cash this check -- a check that
will give us upon demand the riches of freedom and the security of
justice. We have also come to this hallowed spot to remind America of
the fierce urgency of now. This is no time to engage in the luxury of
cooling off or to take the tranquilizing drug of gradualism. Now is
the time to rise from the dark and desolate valley of segregation to
the sunlit path of racial justice. Now is the time to open the doors
of opportunity to all of God's children. Now is the time to lift our
nation from the quicksands of racial injustice to the solid rock of
brotherhood.
It would be fatal for the nation to overlook the urgency of the moment
and to underestimate the determination of the Negro. This sweltering
summer of the Negro's legitimate discontent will not pass until there
is an invigorating autumn of freedom and equality. Nineteen
sixty-three is not an end, but a beginning. Those who hope that the
Negro needed to blow off steam and will now be content will have a
rude awakening if the nation returns to business as usual. There will
be neither rest nor tranquility in America until the Negro is granted
his citizenship rights. The whirlwinds of revolt will continue to
shake the foundations of our nation until the bright day of justice
emerges.
But there is something that I must say to my people who stand on the
warm threshold which leads into the palace of justice. In the process
of gaining our rightful place we must not be guilty of wrongful deeds.
Let us not seek to satisfy our thirst for freedom by drinking from the
cup of bitterness and hatred.
We must forever conduct our struggle on the high plane of dignity and
discipline. We must not allow our creative protest to degenerate into
physical violence. Again and again we must rise to the majestic
heights of meeting physical force with soul force. The marvelous new
militancy which has engulfed the Negro community must not lead us to
distrust of all white people, for many of our white brothers, as
evidenced by their presence here today, have come to realize that
their destiny is tied up with our destiny and their freedom is
inextricably bound to our freedom. We cannot walk alone.
And as we walk, we must make the pledge that we shall march ahead. We
cannot turn back. There are those who are asking the devotees of civil
rights, "When will you be satisfied?" We can never be satisfied as
long as our bodies, heavy with the fatigue of travel, cannot gain
lodging in the motels of the highways and the hotels of the cities. We
cannot be satisfied as long as the Negro's basic mobility is from a
smaller ghetto to a larger one. We can never be satisfied as long as a
Negro in Mississippi cannot vote and a Negro in New York believes he
has nothing for which to vote. No, no, we are not satisfied, and we
will not be satisfied until justice rolls down like waters and
righteousness like a mighty stream.
I am not unmindful that some of you have come here out of great trials
and tribulations. Some of you have come fresh from narrow cells. Some
of you have come from areas where your quest for freedom left you
battered by the storms of persecution and staggered by the winds of
police brutality. You have been the veterans of creative suffering.
Continue to work with the faith that unearned suffering is redemptive.
Go back to Mississippi, go back to Alabama, go back to Georgia, go
back to Louisiana, go back to the slums and ghettos of our northern
cities, knowing that somehow this situation can and will be changed.
Let us not wallow in the valley of despair.
I say to you today, my friends, that in spite of the difficulties and
frustrations of the moment, I still have a dream. It is a dream deeply
rooted in the American dream.
I have a dream that one day this nation will rise up and live out the
true meaning of its creed: "We hold these truths to be self-evident:
that all men are created equal."
I have a dream that one day on the red hills of Georgia the sons of
former slaves and the sons of former slaveowners will be able to sit
down together at a table of brotherhood.
I have a dream that one day even the state of Mississippi, a desert
state, sweltering with the heat of injustice and oppression, will be
transformed into an oasis of freedom and justice.
I have a dream that my four children will one day live in a nation
where they will not be judged by the color of their skin but by the
content of their character.
I have a dream today.
I have a dream that one day the state of Alabama, whose governor's
lips are presently dripping with the words of interposition and
nullification, will be transformed into a situation where little black
boys and black girls will be able to join hands with little white boys
and white girls and walk together as sisters and brothers.
I have a dream today.
I have a dream that one day every valley shall be exalted, every hill
and mountain shall be made low, the rough places will be made plain,
and the crooked places will be made straight, and the glory of the
Lord shall be revealed, and all flesh shall see it together.
This is our hope. This is the faith with which I return to the South.
With this faith we will be able to hew out of the mountain of despair
a stone of hope. With this faith we will be able to transform the
jangling discords of our nation into a beautiful symphony of
brotherhood. With this faith we will be able to work together, to pray
together, to struggle together, to go to jail together, to stand up
for freedom together, knowing that we will be free one day.
This will be the day when all of God's children will be able to sing
with a new meaning, "My country, 'tis of thee, sweet land of liberty,
of thee I sing. Land where my fathers died, land of the pilgrim's
pride, from every mountainside, let freedom ring."
And if America is to be a great nation this must become true. So let
freedom ring from the prodigious hilltops of New Hampshire. Let
freedom ring from the mighty mountains of New York. Let freedom ring
from the heightening Alleghenies of Pennsylvania!
Let freedom ring from the snowcapped Rockies of Colorado!
Let freedom ring from the curvaceous peaks of California!
But not only that; let freedom ring from Stone Mountain of Georgia!
Let freedom ring from Lookout Mountain of Tennessee!
Let freedom ring from every hill and every molehill of Mississippi.
From every mountainside, let freedom ring.
When we let freedom ring, when we let it ring from every village and
every hamlet, from every state and every city, we will be able to
speed up that day when all of God's children, black men and white men,
Jews and Gentiles, Protestants and Catholics, will be able to join
hands and sing in the words of the old Negro spiritual, "Free at last!
free at last! thank God Almighty, we are free at last
Grazie, Eugenio! Cosi' possiamo procedere per i sogni nostri, dei nostri figli, dei nostri studenti, del ns SUD!
michele
Carissimi,
in questi tempi di crisi, nei quali talvolta anche il semplice sperare
appare stoltezza, mi permetto di richiamare alla vostra attenzione il
cinquantenario del discorso “I have a dream” pronunciato dal dr.
Martin Luther King a Washington, davanti al Lincoln Memorial, il
28/08/1963.
Nel 1963 in numerosi stati degli USA vigevano ancora leggi
segregazioniste e razziali. Oggi gli USA hanno un Presidente di
colore. Molto cammino è stato fatto e molto ne resta da fare.
I sogni e gli ideali, quando si è disposti a impegnarsi e a dare la
vita per essi (il dr. King verrà assassinato meno di cinque anni
dopo), possono realizzarsi.
Buon re-inizio,
Eugenio Di Sciascio
ps: Per chi fosse interessato, di seguito riporto il testo originale
del discorso in italiano e in lingua originale.
_______________________
Sono orgoglioso di unirmi a voi oggi in quella che passerà alla storia
come la più grande manifestazione per la libertà nella storia del
nostro paese.
Cento anni fa, un grande Americano, sulla cui ombra simbolica ci
troviamo oggi, firmò la Proclamazione per l' Emancipazione. Questo
decreto importantissimo arrivò come un faro di speranza per milioni di
schiavi Negri bruciati dalle fiamme di questa raggelante ingiustizia.
Arrivò come una gioiosa aurora dopo una lunga notte di schiavitù.
Però cento anni dopo, il Negro non è ancora libero; cento anni dopo,
la vita del Negro è ancora dolorosamente segnata dai ferri della
segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il
Negro vive in un' isola deserta in mezzo a un immenso oceano di
prosperità materiale; cento anni dopo, il Negro tuttora langue negli
angoli della società americana e si trova in esilio nella propria terra.
Così siamo venuti qui oggi a denunciare una condizione vergognosa. In
un certo senso siamo venuti nella capitale del nostro paese per
incassare un assegno. Quando gli artefici della nostra repubblica
scrissero le magnifiche parole della Costituzione e della
Dichiarazione d'Indipendenza, stavano firmando una cambiale di cui
ogni americano era garante. Questa cambiale era la promessa che tutti
gli uomini, sia, l'uomo negro e l'uomo bianco, avrebbero avuto
garantiti i diritti inalienabili alla vita, alla libertà, e al
perseguimento della felicità.
È ovvio oggi che l'America è venuta meno a questa promessa per quanto
riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo obbligo
sacro, l'America ha dato alla gente negra un assegno a vuoto; un
assegno che è tornato indietro con il timbro fondi insufficienti. Però
ci rifiutiamo di credere che la Banca della Giustizia sia fallita. Ci
rifiutiamo di credere che non ci siano fondi sufficienti nelle grandi
casseforti dell'opportunità di questo paese. E allora siamo venuti a
incassare quest'assegno, l'assegno che ci darà a richiesta le
ricchezze della libertà e la sicurezza della giustizia.
Inoltre siamo venuti in questo luogo sacro per ricordare all'America
l'urgenza impetuosa del momento presente. Questo non è il momento di
raffreddarsi o prendere i tranquillanti della gradualità. Ora è il
momento di realizzare le promesse di Democrazia; ora è il momento di
uscire dall'oscura e desolata valle della segregazione verso il
cammino illuminato della giustizia razziale; ora è il momento di tirar
fuori il nostro paese dalle sabbie mobili dell'ingiustizia razziale
sul terreno solido della fraternità; ora è il momento di fare della
giustizia una realtà per tutti i figli di Dio. Sarebbe fatale per la
nazione passar sopra l'urgenza di questo momento. Quest'estate
soffocante per il malcontento legittimo del Negro non terminerà fino a
quando non venga un autunno vigoroso di libertà e uguaglianza.
Il 1963 non è una fine, ma un principio. E coloro che speravano che il
Negro avesse bisogno di sfogarsi per essere contento, avranno un duro
risveglio se il paese ritornerà alla solita situazione. Non ci sarà
riposo né tranquillità in America fino a quando al Negro non verranno
garantiti i suoi diritti di cittadino. Il turbine della ribellione
continuerà a scuotere le basi della nostra nazione fino a che non
sorgerà il giorno splendente della giustizia.
Però c'è qualcosa che io debbo dire alla mia gente, che sta sulla
soglia logora che conduce al palazzo di giustizia. Nel processo di
conquista del posto che ci spetta, non dobbiamo essere colpevoli di
azioni inique. Non cerchiamo di soddisfare la nostra sete di libertà
bevendo alla tazza del rancore e dell'odio. Dobbiamo sempre condurre
la nostra lotta su un piano di dignità e disciplina. Non dobbiamo
permettere che le nostre proteste creative degenerino in violenza
fisica. Ancora una volta dobbiamo elevarci alle altezze maestose
dell'incontro tra forza fisica e forza dell'anima. La nuova
meravigliosa militanza, che ha inghiottito la comunità negra, non
dovrà condurci a diffidare di tutta la gente bianca. In quanto
parecchi dei nostri fratelli bianchi, come oggi si vede dalla loro
presenza qui, si sono resi conto che il loro destino è legato al
nostro. E si sono resi conto che la loro libertà è inestricabilmente
legata alla nostra. Non possiamo camminare soli. E camminando,
dobbiamo fare la promessa che marceremo sempre in avanti. Non possiamo
tornare indietro.
Ci sono coloro che stanno chiedendo ai devoti dei Diritti Civili,
Quando sarete soddisfatti? Non potremo mai essere soddisfatti finché
il Negro sarà vittima degli orrori indescrivibili della crudeltà
poliziesca; non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi,
pesanti per la stanchezza del viaggio, non potranno riposare negli
alberghi delle autostrade e delle città; non potremo mai essere
soddisfatti finché la possibilità di movimento del Negro sarà da un
piccolo ghetto ad uno piú grande; non potremo mai essere soddisfatti
finché i nostri figli saranno privati della propria personalità e
derubati della dignità da un avviso scritto Solo Per Bianchi; non
potremo mai essere soddisfatti finché il Negro del Mississippi non
potrà votare ed il Negro di New York crederà di non avere nessuno per
cui votare. No! No, non siamo soddisfatti, e non saremo soddisfatti
fino a quando la giustizia non scorrerà come l'acqua e la rettitudine
come una forte corrente.
Sono ben consapevole che alcuni di voi son venuti fin qui con grandi
dolori e tribolazioni. Alcuni sono arrivati freschi da anguste celle
di prigione. Alcuni di voi sono venuti da luoghi dove la ricerca della
libertà li ha lasciati colpiti dalla tormenta della persecuzione e
barcollanti per i venti della brutalità poliziesca. Voialtri siete i
veterani della sofferenza creativa. Continuate a lavorare con la fede
che le sofferenze immeritate redimono. Tornate nel Mississippi;
tornate in Alabama; tornate nella Carolina del Sud; tornate in
Georgia; tornate in Louisiana; tornate nei tuguri e nei ghetti delle
nostre città del Nord, sapendo che in un modo o nell'altro questa
situazione può essere e sarà cambiata. Non ci rotoliamo nella valle
della disperazione.
Per cui vi dico, amici miei, che anche se affronteremo le difficoltà
di oggi e di domani, ancora io ho un sogno.
È un sogno profondamente radicato nel sogno Americano, che un giorno
questa nazione si solleverà e vivrà nel vero significato del suo
credo, noialtri manteniamo questa verità evidente, che tutti gli
uomini sono creati uguali.
Io sogno che nella terra rossa di Georgia, i figli di quelli che erano
schiavi ed i figli di quelli che erano padroni degli schiavi si
potranno sedere assieme alla tavola della fraternità.
Io sogno che un giorno anche lo stato di Mississippi, uno stato
ardente per il calore della giustizia, ardente per il calore
dell'oppressione, sarà trasformato in un oasi di libertà e giustizia.
Io sogno che i miei quattro figli piccoli un giorno vivranno in una
nazione dove non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per
il contenuto della loro personalità.
Oggi ho un sogno! Sogno che un giorno in Alabama, con i suoi razzisti
immorali, con un Governatore dalle labbra sgocciolanti parole
d'interposizione e annullamento, un giorno, là in Alabama, piccoli
Negri, bambini e bambine, potranno unire le loro mani con piccoli
bianchi, bambini e bambine, come fratelli e sorelle.
Oggi ho un sogno! Sogno che un giorno ogni valle sarà elevata, ed ogni
collina e montagna sarà spianata. I luoghi asperi saranno piani ed i
luoghi tortuosi saranno diritti, e la gloria del Signore sarà rivelata
ed il genere umano sarà riunito.
Questa è la nostra speranza. Questa è la fede con cui ritorno al Sud.
Con questa fede potremo tagliare una pietra di speranza dalla montagna
della disperazione. Con questa fede potremo trasformare il suono
dissonante della nostra nazione in un armoniosa sinfonia di
fraternità. Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme,
lottare insieme, andare in carcere insieme, sollevarci insieme per la
libertà, sapendo che un giorno saremo liberi, e questo è il giorno.
Questo sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio potranno cantare con
nuovo significato Il mio paese è tuo, dolce terra di libertà, di te io
canto. Terra dove è morto mio padre, terra orgoglio del pellegrino, da
ogni lato della montagna facciamo risuonare la libertà. E se l'America
sarà una grande nazione, questo si deve avverare.
E quindi lasciate risuonare la libertà dalle cime dei prodigiosi monti
del New Hampshire.
Lasciate risuonare la libertà dalle poderose montagne di New York.
Lasciate risuonare la libertà dalle altitudini degli Alleghenies della
Pennsylvania.
Lasciate risuonare la libertà dalle rocce coperte di neve di Colorado.
Lasciate risuonare la libertà dalle coste tortuose della California.
Ma non solo.
Lasciate risuonare la libertà dalla Montagna di Pietra della Georgia.
Lasciate risuonare la libertà dalla montagna Lookout del Tennessee.
Lasciate risuonare la libertà da ogni collina e montagna del
Mississippi, da ogni lato della montagna lasciate risuonare la
libertà. E quando questo accadrà, e quando lasceremo risuonare la
libertà, quando la lasceremo risuonare da ogni villaggio e da ogni
casale, da ogni stato e da ogni città, saremo capaci di anticipare il
giorno in cui tutti i figli di Dio, uomo Negro e uomo Bianco, Ebreo e
Cristiano, Protestante e Cattolico, potremo unire le nostre mani a
cantare le parole del vecchio spiritual Negro: Liberi finalmente,
liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo finalmente liberi.
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I am happy to join with you today in what will go down in history as
the greatest demonstration for freedom in the history of our nation.
Five score years ago, a great American, in whose symbolic shadow we
stand signed the Emancipation Proclamation. This momentous decree came
as a great beacon light of hope to millions of Negro slaves who had
been seared in the flames of withering injustice. It came as a joyous
daybreak to end the long night of captivity.
But one hundred years later, we must face the tragic fact that the
Negro is still not free. One hundred years later, the life of the
Negro is still sadly crippled by the manacles of segregation and the
chains of discrimination. One hundred years later, the Negro lives on
a lonely island of poverty in the midst of a vast ocean of material
prosperity. One hundred years later, the Negro is still languishing in
the corners of American society and finds himself an exile in his own
land. So we have come here today to dramatize an appalling condition.
In a sense we have come to our nation's capital to cash a check. When
the architects of our republic wrote the magnificent words of the
Constitution and the declaration of Independence, they were signing a
promissory note to which every American was to fall heir. This note
was a promise that all men would be guaranteed the inalienable rights
of life, liberty, and the pursuit of happiness.
It is obvious today that America has defaulted on this promissory note
insofar as her citizens of color are concerned. Instead of honoring
this sacred obligation, America has given the Negro people a bad check
which has come back marked "insufficient funds." But we refuse to
believe that the bank of justice is bankrupt. We refuse to believe
that there are insufficient funds in the great vaults of opportunity
of this nation. So we have come to cash this check -- a check that
will give us upon demand the riches of freedom and the security of
justice. We have also come to this hallowed spot to remind America of
the fierce urgency of now. This is no time to engage in the luxury of
cooling off or to take the tranquilizing drug of gradualism. Now is
the time to rise from the dark and desolate valley of segregation to
the sunlit path of racial justice. Now is the time to open the doors
of opportunity to all of God's children. Now is the time to lift our
nation from the quicksands of racial injustice to the solid rock of
brotherhood.
It would be fatal for the nation to overlook the urgency of the moment
and to underestimate the determination of the Negro. This sweltering
summer of the Negro's legitimate discontent will not pass until there
is an invigorating autumn of freedom and equality. Nineteen
sixty-three is not an end, but a beginning. Those who hope that the
Negro needed to blow off steam and will now be content will have a
rude awakening if the nation returns to business as usual. There will
be neither rest nor tranquility in America until the Negro is granted
his citizenship rights. The whirlwinds of revolt will continue to
shake the foundations of our nation until the bright day of justice
emerges.
But there is something that I must say to my people who stand on the
warm threshold which leads into the palace of justice. In the process
of gaining our rightful place we must not be guilty of wrongful deeds.
Let us not seek to satisfy our thirst for freedom by drinking from the
cup of bitterness and hatred.
We must forever conduct our struggle on the high plane of dignity and
discipline. We must not allow our creative protest to degenerate into
physical violence. Again and again we must rise to the majestic
heights of meeting physical force with soul force. The marvelous new
militancy which has engulfed the Negro community must not lead us to
distrust of all white people, for many of our white brothers, as
evidenced by their presence here today, have come to realize that
their destiny is tied up with our destiny and their freedom is
inextricably bound to our freedom. We cannot walk alone.
And as we walk, we must make the pledge that we shall march ahead. We
cannot turn back. There are those who are asking the devotees of civil
rights, "When will you be satisfied?" We can never be satisfied as
long as our bodies, heavy with the fatigue of travel, cannot gain
lodging in the motels of the highways and the hotels of the cities. We
cannot be satisfied as long as the Negro's basic mobility is from a
smaller ghetto to a larger one. We can never be satisfied as long as a
Negro in Mississippi cannot vote and a Negro in New York believes he
has nothing for which to vote. No, no, we are not satisfied, and we
will not be satisfied until justice rolls down like waters and
righteousness like a mighty stream.
I am not unmindful that some of you have come here out of great trials
and tribulations. Some of you have come fresh from narrow cells. Some
of you have come from areas where your quest for freedom left you
battered by the storms of persecution and staggered by the winds of
police brutality. You have been the veterans of creative suffering.
Continue to work with the faith that unearned suffering is redemptive.
Go back to Mississippi, go back to Alabama, go back to Georgia, go
back to Louisiana, go back to the slums and ghettos of our northern
cities, knowing that somehow this situation can and will be changed.
Let us not wallow in the valley of despair.
I say to you today, my friends, that in spite of the difficulties and
frustrations of the moment, I still have a dream. It is a dream deeply
rooted in the American dream.
I have a dream that one day this nation will rise up and live out the
true meaning of its creed: "We hold these truths to be self-evident:
that all men are created equal."
I have a dream that one day on the red hills of Georgia the sons of
former slaves and the sons of former slaveowners will be able to sit
down together at a table of brotherhood.
I have a dream that one day even the state of Mississippi, a desert
state, sweltering with the heat of injustice and oppression, will be
transformed into an oasis of freedom and justice.
I have a dream that my four children will one day live in a nation
where they will not be judged by the color of their skin but by the
content of their character.
I have a dream today.
I have a dream that one day the state of Alabama, whose governor's
lips are presently dripping with the words of interposition and
nullification, will be transformed into a situation where little black
boys and black girls will be able to join hands with little white boys
and white girls and walk together as sisters and brothers.
I have a dream today.
I have a dream that one day every valley shall be exalted, every hill
and mountain shall be made low, the rough places will be made plain,
and the crooked places will be made straight, and the glory of the
Lord shall be revealed, and all flesh shall see it together.
This is our hope. This is the faith with which I return to the South.
With this faith we will be able to hew out of the mountain of despair
a stone of hope. With this faith we will be able to transform the
jangling discords of our nation into a beautiful symphony of
brotherhood. With this faith we will be able to work together, to pray
together, to struggle together, to go to jail together, to stand up
for freedom together, knowing that we will be free one day.
This will be the day when all of God's children will be able to sing
with a new meaning, "My country, 'tis of thee, sweet land of liberty,
of thee I sing. Land where my fathers died, land of the pilgrim's
pride, from every mountainside, let freedom ring."
And if America is to be a great nation this must become true. So let
freedom ring from the prodigious hilltops of New Hampshire. Let
freedom ring from the mighty mountains of New York. Let freedom ring
from the heightening Alleghenies of Pennsylvania!
Let freedom ring from the snowcapped Rockies of Colorado!
Let freedom ring from the curvaceous peaks of California!
But not only that; let freedom ring from Stone Mountain of Georgia!
Let freedom ring from Lookout Mountain of Tennessee!
Let freedom ring from every hill and every molehill of Mississippi.
From every mountainside, let freedom ring.
When we let freedom ring, when we let it ring from every village and
every hamlet, from every state and every city, we will be able to
speed up that day when all of God's children, black men and white men,
Jews and Gentiles, Protestants and Catholics, will be able to join
hands and sing in the words of the old Negro spiritual, "Free at last!
free at last! thank God Almighty, we are free at last
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