giovedì 23 aprile 2015

Le Università assorbono il personale delle province rottamate?

Cose che passano in relativo silenzio, almeno finora, e nulla possiamo farci se non ci ribellassimo in massa: ho appena appreso, che parte del personale delle province rottamate verrà (probabilmente) assorbito dalle Università in quota FFO. Si ragiona di una quota 70-30. Allegria! E' infatti una "direttoriale" del direttore del Miur Livon di venerdì scorso

E infine, la cosa è peggiore: tutta la quota di punti organico derivata dal pensionamento del personale tecnico amministrativo utilizzabile per il limiti di legge (30%) non può essere adoperata per sostituire lo stesso ma per importare personale delle province.   Quindi nessuna assunzione di pta a meno che non avvenga a scapito del personale docente.   E il personale non potrà neanche essere scelto dagli Atenei....

allegria.
mc

domenica 12 aprile 2015

Gianfranco Viesti Marzo 2015 Elementi per un’analisi territoriale del sistema universitario italiano

Un nuovo articolo di Gianfranco Viesti  Marzo 2015 Elementi per un’analisi
territoriale del sistema universitario italiano. Fondazione RES Istituto di Ricerca su Economia e Società in Sicilia Working Papers RES 02/2015 Marzo 2015

Le principali conclusioni a cui giunge il lavoro sono le seguenti.

1) Il ritardo nell’istruzione universitaria dell’Italia, rispetto agli altri paesi europei, è
molto forte; in tutte le sue regioni, ma in misura più intensa nel
Mezzogiorno, specie per i più giovani. Il numero limitato di laureati ha un
forte impatto sulle competenze medie della forza lavoro, e quindi sulla
produttività delle imprese. Esso rappresenta anche un notevole freno ai
processi di mobilità sociale.

2) I dati recenti sulle immatricolazioni nelle università italiane sono molto
negativi. Al netto della fisiologica riduzione delle iscrizioni rispetto agli anni
di avvio dei nuovi cicli, vi è una forte contrazione delle iscrizioni negli ultimi
anni, con minori tassi di passaggio dal diploma alla laurea. Questo
fenomeno è più accentuato nel Mezzogiorno, e in particolare nelle Isole; e si
somma in quei tentativi a tendenze demografiche negative, producendo una
flessione molto forte degli immatricolati. Flettono di più i passaggi
all’università dai diplomi non liceali, e, ancora una volta nel Mezzogiorno, le
iscrizioni di studenti di famiglie meno abbienti. L’Italia è l’unico paese che
vede ridursi il numero di studenti universitari.

3) La mobilità geografica fra regioni degli studenti all’atto dell’iscrizione
riguarda circa un quinto del totale. I flussi in uscita sono molto differenziati
per regione, anche all’interno delle grandi circoscrizioni. Tuttavia, mentre al
CentroNord la mobilità è prevalentemente interna all’area, molti studenti
del Mezzogiorno si iscrivono in atenei del CentroNord. Emilia, Lazio e
Toscana sono le regioni che beneficiano di più di questi flussi. All’interno del
Mezzogiorno la percentuale di studenti che si iscrive nel CentroNord è molto
diversa fra regioni, come pure la scelta delle destinazioni. I flussi in uscita
dalla Campania sono molto contenuti, quelli dalla Sicilia in forte aumento.
Anche se la durata media degli studi in Italia non differisce molto rispetto ad
altri paesi, mostra grandi diversità interne. I percorsi universitari degli
studenti degli atenei del Nord sono molto più veloci di quelli degli studenti
del CentroSud; corrispondentemente bassa la percentuale di fuoricorso. Lo
scarto è netto per i corsi triennali mentre si riduce moltissimo per i biennali.

Media nazionale fuori corso 35% contro 47% (il PoliBA è esattamente alla media del Sud)

gli studenti che completano in tempo gli studi triennali, o dei corsi a livello unico, sono sono il 43% al Nord, e solo il 27% al Centro e il 23% nel Mezzogiorno.  I laureati regolari del Poliba (17,9%) sono inferiori persino alla media del Sud e persino di UniBA.

media crediti (MC) Studenti attivi (SA) Laureati regolari (LR)% Passaggi 2° anno (PA)% Abbandoni2° anno (AB) Fuoricorso(FC)
BARI 31,3 90,4 28,7 16,5 20,4 42,8
POLIBA 23,5 83,5 17,9 16,8 14,8 47,8
Tav 5.10 Indicatori di regolarità degli studi, per Atenei

Non è agevole spiegare questi fenomeni, che possono dipendere da una
pluralità di cause. E’ sensibile, e maggiore nel Mezzogiorno, l’abbandono
dopo il primo anno. Il giudizio degli studenti sulla disponibilità di struttre
negli atenei è anch’esso differenziato, con una situazione molto peggiore nei
grandi atenei del CentroSud.

4) Il numero di docenti universitari italiani si è fortemente ridotto negli ultimi
anni; pur nelle difficoltà delle comparazioni internazionali, il loro numero
appare più basso rispetto agli altri paesi europei. Il rapporto
studenti/docenti è in Italia sui valori più alti in comparazione
internazionale. All’interno del paese è fortemente squilibrato, con una
situazione peggiore al Sud rispetto alle altre circoscrizioni, nonostante il
forte aumento dei docenti nei primi anni duemila. Le figure precarie
(assegnisti) sono molto aumentate: ma loro presenza è molto maggiore al
Nord, rispetto al Centro e ancor più al Sud. Anche gli amministrativi si sono
ridotti: la loro presenza territoriale è più omogenea di quella dei docenti.
Infine, è in calo il numero dei dottorandi, fortissimo nel Mezzogiorno.
In Italia ci sono 96 istituzioni universitarie, di cui 67 statali, un numero che
appare comparabile, se non inferiore, a quello degli altri grandi paesi. La
loro distribuzione territoriale è omogenea, con una densità maggiore al
Centro, dove ci sono diversi piccoli atenei. Nel dopoguerra il Sud ha
recuperato il suo storico ritardo; negli ultimi 25 anni, poi, le università sono
aumentate sensibilmente, nel NordOvest, nel Centro e nel Sud. Ci sono
attività universitarie, alcune con un limitato numero di iscritti, in 164
comuni italiani (un numero in forte contrazione). Nell’ultimo quinquennio
l’offerta didattica (corsi) si è sensibilmente contratta.

5) L’Italia ha il livello di tassazione studentesca più alta fra i paesi dell’Europa
continentale (esclusa l’Olanda); è significativamente aumentato negli ultimi
anni. Le tasse universitarie sono molto diverse all’interno del paese, molto
più alte al Nord rispetto al CentroSud. Ma se si rapportano al reddito
procapite regionale, le differenze si riducono molto: alcune regioni (specie,
ma non solo, al Nord) hanno tuttavia un livello di tassazione rapportato al
reddito più alto della media. Sono significative alcune differenze fra atenei
interne alle regioni. Gli studenti esonerati sono una percentuale maggiore
nel NordEst e nel Mezzogiorno. La percentuale di beneficiari di borse di
studio, così come la disponibilità di posti alloggio e mensa e la spesa delle
università per servizi agli studenti, è molto più alta al CentroNord rispetto al
Mezzogiorno.

6) La spesa per l’istruzione universitaria è in Italia molto più bassa rispetto ai
paesi Ocse, sia misurata sul PIL, sia rispetto al numero di studenti (anche
tenendo conto della diversa durata degli studi). E’ inferiore anche la sola
componente pubblica. La spesa si è ridotta negli anni più recenti, in
particolare a seguito delle riduzioni operate sul Fondo di Finanziamento
Ordinario (FFO). Sul totale delle entrate delle università è aumentato
sensibilmente il peso della contribuzione studentesca e delle entrate
finalizzate da soggetti diversi dal MIUR. Normalizzate rispetto al numero di
docenti, e ancor più di studenti, le entrate sono maggiori per gli atenei del
Nord rispetto a quelli del CentroSud. Fra il 2008 e il 2012 l’FFO è diminuito
più della media nazionale per gli atenei del Centro, e, ancor più, del
Mezzogiorno (specie per i grandi). Sul totale delle spese delle università, nel
Mezzogiorno è maggiore il peso degli stipendi e minore quello dei beni
durevoli e dei servizi agli studenti.

7) La recente valutazione della ricerca universitaria (VQR) è stato un esercizio
complesso, e con aspetti controversi, anche se di fondamentale importanza
per le sue ricadute sul finanziamento degli atenei. I suoi esiti mostrano una
qualità della ricerca sensibilmente inferiore negli atenei del Mezzogiorno
rispetto al resto del paese. Lo scarto è contenuto per ingegneria e per altre
aree scientifiche, molto forte per le aree umanistiche. Forti anche le
differenze interne al Mezzogiorno: alcuni atenei (Sannio-Benevento,
Catanzaro, Napoli-Suor Orsola, Foggia, Salerno e Teramo) hanno risultati
migliori; le grandi università molto peggiori. Rispetto alla precedente
valutazione (VTR) si ha un sensibile peggioramento, con un vero e proprio
tracollo della qualità della ricerca negli atenei più grandi. Ma vi è anche una
forte varianza dei risultati; e non è chiaro in che misura tutto ciò dipenda
dalle differenti metodologie delle analisi.

domenica 5 aprile 2015

jobs act o buona università --- la Riforma Renzi. Di che si tratta: andiamo verso le Teaching Universities USA?

Qualche giorno fa, su Repubblica é stata pubblicata un'intervista al Ministro Giannini - su un tema non specifico dell'Università - in cui la stessa ha dichiarato:
Ora parte la "Buona Università".
"Sarà un anno costituente per gli atenei italiani. Siamo al lavoro da alcune settimane, in estate offriremo il progetto. Toglieremo l'università dal regime contrattuale della funzione pubblica per costruirle attorno un contratto proprio. Università e ricerca hanno regole e obiettivi specifici che non sono quelli del pubblico impiego".

Ci sono 2 novità schizofreniche da parte del governo.  Da un lato si approva un DM che istituzionalizza il precariato dei "contrattisti" della docenza allargando le maglie a quelle Università che ne fanno largo uso (che come al solito sono più furbe di noi), e dall'altro si parla di una Riforma alla Legge Gelmini che abolisca il precariato con forme a tutele crescenti.  In generale, mi pare di leggere tra le righe la tendenza verso una separazione tra didattica e ricerca tipica delle Teaching Universities in USA che affidano a personaggi di varia natura, ma non dediti alla ricerca, l'insegnamento, mentre pochi docenti fanno ricerca e inseguono contratti di ricerca sempre piu' spinti dagli amministrativi per via che ottengono gli overhead.


Non ho ben capito cosa sta succedendo. avevamo un sistema che funzionicchiava, poi hanno voluto cambiare e bloccare i concorsi (turnover bloccato prima al 20% poi a % maggiori ma in funzione della virtuosità delle Università, variamente declinata), per arrivare a sottofinanziare l'università e bloccare il ricambio generazionale necessario per mantenere o anche aumentare il numero di studenti (che invece sta scendendo perchè hanno capito che l'Italia ha scelto un'economia da secondo o terzo mondo), con il risultato che negli ultimi 20 anni (ossia dal primo gov. Berlusconi del 1994) L'italia ha ridotto del 20% la sua spesa pubblica in istruzione, università e ricerca, e siamo agli ultimi posti tra i paesi Ue e OCSE per investimenti nell'università, numero dei laureati, e in molti altri parametri). A parte isole felici come IIT e IMT di Lucca, e beato chi ci lavora...
Ma la Riforma Gelmini-Berlusconi prevede già il sistema di entrata a tutele crescenti... di cui si parla tanto ora con Renzi (RTDa e RTDb) o quello di Renzi è ancora più articolato?   E a cosa serve articolarlo di più se non si iniettano soldi?   Ma non bastava sbloccare il turnover? Senza soldi stiamo tutti qua a prenderci in giro!     Forse parlano di forme intermedie tra docenti a contratto e RTD-A, ossia intermedie tra i 2000 eu/anno che pero' erano a volte erogati a docenti professionisti importanti a titolo rimborso spese, e non per far sopravvivere un precario ma anche senza esperienza), e i 1500 Eu/mese degli RTD-A, che forse Renzi giudica eccessivi, seppure sono per 3 anni?  Mi risulta che i corsi di laurea si possono già coprire con RTD-A, quindi di cosa stiamo parlando?
Non dimentichiamo ciò che è stato. Le parole di Tremonti sull'Università erano: AFFAMA LA BESTIA. E la Gelmini, ammantando di riforme le sue porcherie eseguiva solo tagli indiscriminati dettati dal MEF di Tremonti, Milanese &Co.  Questo l'abbiamo capito ora, non subito (a parte qualche intelligente) e i ricercatori riuscirono a strappare con grande rivolta 200 milioni di piano straordinario associati. Ora Renzi sta dicendo di dare alla bestia dei falsi pezzi di carne per i precari?   Aspettiamo di vedere in concreto di che si tratta: 80 eu in più ai RTD?
Poco chiaro!
Dal sito sindacale della FLC-CGIL leggo una presa di posizione:  L'emergenza Università richiede quindi altri interventi. A fronte del crollo del personale universitario (- 30% per i soli professori ordinari dal 2008 al 2013, -21% il totale dei docenti in meno), del contestuale incremento (in chiave sostitutiva) di ricercatori e docenti precari con svariate (e fantasiose) forme contrattuali; dell'espulsione di più del 93% dei ricercatori precari negli ultimi 10 anni, come testimoniano i dati di “Ricercarsi”; non si può rispondere con giochi di prestigio.





Ci sono somiglianze con la proposta Paleari?  La quale mi sembra seria ed equilibrata e senza troppa retorica.  Ma che parla concretamente di iniettare 300 milioni di Euro stabili per anno di punti organico. Non una sciocchezza e non parole vacue al vento.



Uno degli obiettivi è sicuramente quello di restituire piena autonomia agli atenei, scioglierli da quei lacci e da quei vincoli che troppo spesso ne bloccano l'iniziativa" spiega la senatrice Puglisi, responsabile scuola, università e ricerca della segreteria del Pd, sottolineando come il modello "buona scuola", che ha notevolmente ampliato competenze e responsabilità dei dirigenti scolastici, è la traccia da seguire. I rettori godono tuttavia di un'autonomia piuttosto elevata. Per questo si agirà piuttosto sulla libertà di esercizio di tale discrezionalità piuttosto che sull'aumento dei poteri.


Ma la vera novità, quella destinata a far discutere, è un'altra. Ed è quella della riforma dei contratti universitari. Una sorta di traslazione del jobs act, che tenga conto della particolare autonomia degli atenei, ma che trasformi la miriade di forme contrattuali a tempo di assistenti, ricercatori e collaboratori in un'unico contratto sul modello delle tutele crescenti, per sbloccare in entrata l'ingresso ai giovani, oggi impegnati in uno slalom che può durare anche un decennio tra collaborazioni e borse di studio prima di arrivare alla sospirata regolarizzazione. "Uno sblocca università - riassume Puglisi - che da un lato elimini le norme e i vincoli inutili e dall'altro dia certezza lavorativa a chi è impegnato nei nostri atenei".

Quindi voi pensate che si stia pensando a forme intermedie tra docenti a contratto a RTD-A?

lo dicono alcuni giornalisti parlando (a casaccio) facendo anche confusione ridicola pensando di poter estendere la portata della sentenza della corte di giustizia sui precari della scuola al caso dei contrattisti che non c'entra assolutamente nulla...  In effetti vorrei che qualcuno mi chiarisse 2 cose: (i) le sentenze della corte di giustizia sui precari scuola e come si possono estendere alla Università, e (ii) il jobs-act che forme prevede rispetto a quelle esistenti nella legge Gelmini.

il jobs act non riguarda il pubblico impiego. la corte di giustizia ha stabilito, tra le altre cose, che il lavoro a tempo indeterminato è la regola e quello a tempo determinato l'eccezione che si giustifica solo in presenza di precise circostanze. e che la legge italiana che consente supplenze annuali a oltranza per chi ha avuto già contratti per più di 3 anni viola il diritto ue.

quindi questo come va in conflitto con i cosiddetti precari dell'università? forse stiamo parlando non di RTD-A ma di docenti a contratto a 2000 Eu/anno che vengono usati per 10 anni all'univ come il caso di Matteo Fini (che pero' spesso non hanno titoli o tempo di fare ricerca e quindi non riescono a entrare).



Vedremo......... Intanto non è che si sta pensando molto più semplicemente a non chiudere corsi di laurea (visto che si vuole mantenere in piedi l'offerta a rischio di perdere i già troppo pochi studenti)?

Siamo da sempre sotto la metà della media europea come studenti, e questo restringimento del numero studenti non farebbe che altro male, dal punto di vista politico.   E allora forse sotto sotto quello che dice il "fatto quotidiano"  “Corsi di laurea garantiti da docenti precari? Governo mette toppa pericolosa” sembra probabile.  Si vogliono di fatto solo creare delle categorie precarie per mantenere in piedi i corsi di laurea.  Il Ministero dell’Istruzione ha deciso di includere anche i professori a contratto nel calcolo del numero minimo di docenti necessario a mantenere un corso di laurea. Una mossa della disperazione quasi obbligata, a causa delle sempre più profonde lacune di personale degli atenei dovute al blocco del turnover. Ma per fronteggiare l’emergenza il Miur ha deciso di fare ricorso a docenti precari, invece che bandire nuovi concorsi e procedere a vere assunzioni. Il regalo di Pasqua del Miur all’università italiana è il decreto ministeriale 194/2015, con cui Stefania Giannini stabilisce una svolta abbastanza radicale: per i prossimi tre anni (fino al 2018), gli atenei possono far ricorso anche ai docenti a contratto per attivare corsi. E questa scelta potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, come spiega Roberto Lagalla, rettore dell’Università degli Studi di Palermo e vicepresidente della Crui (la Conferenza dei rettori): “Oggi si salvano corsi a rischio estinzione, domani al Ministero potrebbero avere non pochi problemi”.


Fino ad oggi questi dovevano essere di ruolo, con una soglia massima del 5% di precari. Il decreto dilata (e non di poco) tale quota, fino a un terzo del totale. E questo permetterà di alleggerire i parametri attuali, riducendo in media del 30% il numero di docenti a tempo indeterminato indispensabili.


Un riassunto di quei dati si trova nell'articolo su ROARS: 10 anni sprecati. Cos’è successo ai precari dell’Università nell’ultimo decennio? 
–      fra il 2003 e il 2013 i contratti precari della ricerca sono quasi raddoppiati, passando da poco meno 18.000 nel 2003 a più 31.000 nel 2013.
–      In questo stesso decennio nelle Università italiane hanno lavorato con contratti precari oltre 65.000 ricercatori. Di questi più del 93% non è stato assunto ad oggi nel sistema universitario.
Anche se non si capisce bene la definizione di "precari", non si può non concordare con la conclusione di CGIL.... All'Università italiana servono piuttosto un reclutamento straordinario di nuovi docenti,sblocco del turnover per tutto il personale universitario e serie politiche di investimento.




Qualcuno dice che per lo strapotere del CUN, dei fautori del ruolo unico, e di altre visioni catastrofiche, siamo vicini ad un collasso dei ruoli, degli stipendi e disastri vari....

Volendo essere propositivi, andrebbe propugnato il modello non dico della
• l’University of California (UC) che e’ notoriamente pubblica ma anche di primissimo livello, e che forma ca 200 mila studenti su 10 campus, permettendo pero’ l’entrata solo al migliore 12.5% degli studenti dei licei su base di test nazionale standard
, ma almeno quello del
• California State University (CSU), di livello inferiore ma ancora discreto permettendo l’entrata solo al 30% dei voti piu’ alti,  con stipendi piu’ bassi per i docenti e il personale, ma con circa 400 mila studenti e 23 campus

Senza scivolare invece alla università puramente teaching simile ai 110 Community Colleges (CCCS) Californiani con oltre 2.5 milioni di studenti, aperta a tutti e completamente gratis per i residenti in California.....

saluti, MC

PS su molti dibattiti nei social vedo che siamo a fare i distinguo sulle categorie esistenti.... pare invece se ne vogliano creare di nuove, presumibilmente intermedie tra prof. a contratto e RTD-A. se pero' qualcuno dice che RTD-A è troppo precario, allora a maggior ragione non aspettasse l'ultimo momento per lamentarsii di quanto vuole fare il governo. Se viceversa, come me, ritiene che RTD-A va benino, e vuole solo piu' soldi nel sistema, allora lo dicesse. Se infine c'e' chi ritiene che qualche forma di lavoro tipo prof. a contratto per chi già lavora altrove è valida soluzione all'americana per i "teaching assistant", creando per la prima volta una categoria che non avrà futuro stabile nell'università perchè non fa ricerca (alla Matteo Fini per intenderci), come avviene già in USA, allora lo dica. Ma non limitiamoci a litigare sull'esistente, è inutile!

venerdì 20 marzo 2015

si trova lavoro uscendo dai Politecnici?

Carissimi colleghi del PoliBA
   Non credo basti dire più che Poliba è una università leader per la spendibilità dei suoi titoli di studio perchè a tre anni dalla laurea 80% ha trovato lavoro nel settore dell’Ingegneria:  oggi ​Gaetano Quagliarello su Corsera per difendere Lupi, alla domanda dello scandalo di un padre politico che cerca lavoro per il figlio risponde:«Da professore universitario so bene che un giovane uscito dal Politecnico (intende di Milano), laureato con lode, il giorno dopo ha 15 offerte di lavoro».
Speriamo che i diplomati di Bari non leggano questa dichiarazione, o andranno in altri Politecnici!
saluti, MC

PS: alcuni pezzi dell'articolo su Espresso che ricostruisce il futuro dei normali laureati dei Politecnici sono tremende, e non verosimili se non per una fascia particolarmente sfigata:  10-12 ore al giorno, prima delle consegne dei progetti si lavora nel week-end e la notte. Per i neolaureati la paga è spesso un semplice rimborso spese da 1 o 2 euro l’ora.


PS2:   Da una indagine rapida sul sito www.almalaurea.it sembra invece che il panorama non sia tanto differenziato in Italia.  Per la Fac. di ingegneria di Taranto del Politecnico di BARI, per es., ci sono dati di occupazione migliori della Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari, e praticamente coincidenti con quelli del Politecnico di Torino! Anche se naturalmente su numeri piccoli ci sono effetti strani:  per es. ing. a Lecce è meglio che Unile in generale, perchè ingegneria paga, ma Unile è un poco meglio che Uniba, probabilmente per le dimensioni.  Ma il confronto con le medie nazionali mostra trends molto simili.

%/100 lavora dopo 1 anno stip.dopo1 anno (kEu) %/100 lavora dopo 3 anni stip dopo 3 anni (kEu)
PoliBA 0,372 0,909 0,823 1,283
PoliTO 0,449 1,216 0,861 1,597
PoliBA-Ta 0,419 1,057 0,857 1,322
media gen 0,444 0,919 0,684 1,16

Volendo fare una indagine più accurata ecco un grafico, da cui si vede che la condizione in uscita dai Politecnici è si migliore della media delle Università italiane (PoliMI non partecipa alle valutazioni di almalaurea), ma non molto nel primo anno (contrariamente a quanto dichiarato da Quagliariello), e la differenza semmai è marcata sullo stipendio, che è nettamente più alto in uscita da PoliTO che da PoliBA.   Dopo 3 anni i Politecnici tuttavia hanno un certo vantaggio occupazionale anche come numerosità di occupati, ma non è enorme.  Purtroppo Almalaurea.it non permette di fare un'indagine sulla base del voto di laurea.



Viene fuori che PoliBA tiene testa a PoliTO come % di lavoro dopo 1 anno o 3 anni, ma gli stipendi sono sensibilmente più bassi.   PoliBA-Taranto molto piu' vicino alla media di PoliTO, forse perchè non risente dell'influenza di Architettura.


Se vogliamo entrare nel merito delle lauree, è chiaro che Architettura pesa molto sulle medie.  Ecco il caso di PoliBA, dove risulta chiaramente che la supremazia di PoliBa-Taranto è dovuta più che altro alla mancanza di Architettura. Tuttavia, una supremazia di Taranto rimane per i laureati ad un anno dalla laurea sia in termini di % occupati che di stipendio, mentre una lieve flessione rispetto ad Ingegneria di Bari si legge nei riguardi dello stipendio netto a 3 anni dalla laurea. Ci sarebbe da capire il perchè di questi dati.

%/100 lavora dopo 1 anno stip.dopo1 anno (kEu) %/100 lavora dopo 3 anni stip dopo 3 anni (kEu)
PoliBA-Ing 0,381 0,962 0,843 1,352
PoliBa-Arch 0,383 0,569 0,683 0,703
PoliBA-Ta 0,419 1,057 0,857 1,322
media gen uni ita 0,444 0,919 0,684 1,16



Un'ultima analisi risponde alla domanda:  occupa di piu' LM in meccanica o in aerospaziale?
Qui viene fuori un dato "nuovo":  dissociando le lauree, risulta che la Meccanica di Torino è ancora forte, più forte delle lauree di Bari, e anche della Aerospaziale se leggiamo i dati dopo un anno dalla laurea.  Pare che NON sia stato un errore aprire a Taranto Aerospaziale, visto che se c'è un poco di fatica in più nei primi anni a trovare lavoro, a 3 anni dalla laurea, la % di occupati e il loro reddito sono migliori della Meccanica (parliamo di lauree Magistrali qua), e mentre PoliBA-TA conferma la sua ottima collocazione e competitività nei confronti di PoliTO, e la grande migliore performance rispetto alle università italiane in generale, con la laurea aerospaziale potrebbe dare filo da torcere anche al PoliTO e fare un salto di reddito, che al momento è il parametro più evidente tra chi esce dal politecnico del Sud, e quelli che escono dai Politecnici del Nord.

%/100 lavora dopo 1 anno stip.dopo1 anno (kEu) %/100 lavora dopo 3 anni stip dopo 3 anni (kEu)
Polito-Mecc 0,831 1,519 0,83 1,722
Polito-Aerosp 0,68 1,51 0,93 1,754
PoliBA-Ta 0,419 1,057 0,857 1,322
media gen uni ita 0,444 0,919 0,684 1,16

La conclusione, forse ovvia a priori, è chi esce dai Politecnici del Nord viene inglobato in un sistema a più alto reddito, e difficilmente viene a lavorare al Sud.  Viceversa, chi esce da un Politecnico del Sud ha grosso modo le stesse possibilità di trovare lavoro, ma redditi più bassi, parzialmente forse compensati dal minore costo della vita.   Andrebbe capito a lungo termine però se le grandi carriere manageriali sono precluse a chi si laurea nel Sud -- un pò come avviene in Francia, dove chi si laurea all'Ecole Polytechnique a fronte di un esame di ammissione durissimo, viene poi inserito nell'elite della dirigenza dell'industria.  Da noi un equivalente dell'Ecole Polytechnique non c'è, e quindi la differenza tra i Politecnici resta molto ma molto minore.  Sta poi al singolo farsi valere ed entrare in competizione mondiale nel lavoro.

lunedì 16 marzo 2015

i soliti giornalisti da strapazzo inseguono lo scoop e lo sfigato di turno, e affossano l'università


Putroppo appena uno non ce la fa nell'università, si grida allo scandalo, e sono tutti pronti ad ascoltarlo.  Sarà anche vero che c'è qualcosa che non va, ma questo odio contro l'Università, che poi costa nella pratica il taglio a tutti i finanziamenti e l'odio della gente comune e della classe politica è un grave sbaglio fatto da giornalisti da strapazzo che portano al collasso del sistema paese pur di inseguire uno scoop con titolone "Università, altro che merito. E' tutto truccato Vi racconto come funziona nei nostri atenei"e sottotitolo "Fondi sperperati, concorsi pilotati, giovani sfruttati. Un ex dottorato spiega nel dettaglio come si muove il mondo accademico tra raccomandazioni e correnti di potere. E qualcuno non vuole che il libro in cui riporta tutti gli scandali venga pubblicato"DI MAURIZIO DI FAZIO.    In realtà gli articoli indegni contro l'università sono ben 3,vedi qua e qua pieni di notizie sbagliate che danno un quadro falsato e caricaturale dell'universita' scritti da persone evidentemente incompetenti. Perche' lo fanno?


Non sarà che Matteo Fini, figlio del giornalista Massimo Fini, ha accesso a tutti i media?


  1. Chi è Massimo Fini: Giornalista

  2. Massimo Fini è un giornalista, scrittore, drammaturgo, attore e attivista italiano. Nel 2005 ha fondato il movimento politico Movimento Zero, ispirato ai principi del comunitarismo, primitivismo, antimodernismo, decrescita e democrazia diretta. Wikipedia
Prima di parlare di nepotismo universitario, indaghiamo se il padre di Matteo Fini è un potente....

Massimo Fini


E meno male che stavolta ad essere attaccata non è la solita università sottofinanziata del Sud!

Questo Matteo Fini a me pare uno sconosciuto.  Non l'ho trovato su Google Scholar, e nemmeno su SCOPUS e nemmeno su Web of Science



Lui rilascia interviste, ma che dati concreti prova?


A parte qualche dispensa su corsi base di matematica all'Università di Milano, non c'è traccia.  Lui dice “In pratica facevo tutto: lezioni, ricerca, davo gli esami, mettevo i voti – ci dice Fini – Ero un piccolo professore fatto e finito, senza titolo. E questa è una roba normalissima”. 

E appunto non ci dice nemmeno lui che faceva ricerca.  Quindi qua il dubbio si rinforza.
Sembra un caso di uno sfortunato "adottato" da un professore senza scrupoli e senza tanta voglia di fare ricerca, che pero' ad un certo punto lo ha abbandonato.   “All’improvviso la sua attenzione si è completamente spostata altrove. Dal chiamarmi quattro volte al giorno, l’ultimo anno è scomparso. Fino al gran finale: il dipartimento bandisce il concorso per il posto a cui lavoravo da otto stagioni,“che avrei dovuto vincere io”. Lui nemmeno me lo comunica. Io ne vengo a conoscenza e partecipo lo stesso, pur sapendo che, senza appoggi, non avrei mai vinto. In Italia, prima si sceglie un vincitore e poi si bandisce un concorso su misura per farlo vincere. Anche per un semplice assegno di ricerca. All’università è tutto truccato”.

Insomma, mi sembra un caso in cui il professore si sia disinnamorato dell'allievo.  Ma mi viene anche il dubbio che l'allievo magari non abbia mai concluso granchè.  Alcune verità ci sono sul funzionamento dell'università nei settori in cui funziona male, ma occorre capire a fondo.  Se l'allievo avesse davvero dato molto al suo maestro, se ne sarebbe egli disinnamorato?

Ma come dice l'ex Rettore Laforgia ad una risposta su facebook su questo articolo del mio blog:

Cìascuno riveda criticamente la propria esperienza universitaria diretta e scagli la prima pietra che ha veramente qualcosa da dire ma per esperienza diretta non per i soliti pettegolezzi o le leggende metropolitane. Nei mie 40 anni di Università ho visto alcune cose che non erano corrette ma in misura infinitesima rispetto alle tantissime cose giuste e fatte bene. Smettiamola di gettare fango su tutto. Sporchiamo per primi noi stessi. Ogni laureato non può invocare di essere diverso dalla Università che disprezza, è un suo prodotto e quindi simile.

E ancora Laforgia

 Il sistema della cooptazione è adottato da tutte le Università del mondo. Occore scegliere sempre i migliori nell'interesse della stessa Università. Chi sceglie quelli meno bravi per ragioni tutte censurabile fa danno all'istituzione e ai tanti giovani che avranno docenti incapaci. Ma il marcio va troavto e debellato, non si spara alzo zero su una buona istituzione per le colpe di pochi, per quanto inaccettabili. Si rischia d danneggiare l'intero Paese.

Mi sono arrivate critiche per questo articolo, dicendo che uno non deve misurare Matteo Fini con la produzione scientifica!  Siamo alle solite.

Ragazzi, "disinnamorato" intendo dire che questo prof. lo avrà forse sfruttato, ma poi si è reso conto che non aveva combinato un bel nulla. Si era sbagliato. Certo, un pò duro buttarlo per strada, ma non si può gridare allo scandalo e addirittura buttare a mare l'intera Università italiana. In germania di questi casi ce ne sono a bizzeffe e in UK e USA anche di piu'.

Era un povero sconclusionato, non sarebbe mai dovuto restare.

Certo prima della Legge Gelmini magari sarebbe stato un ricercatore a tempo indeterminato, inconcludente, di quelli che chiedono le ope legis e vogliono diventare persino rettori a volte

Mi viene in mente il grande Prezzolini.  Nel 1921 Giuseppe Prezzolini (giornalista, scrittore e aforista) pubblica Codice della vita italiana, una raccolta di aforismi edita da La Voce, in cui fa una divertente caricatura dell'Italia e degli italiani. 

Sempre pronti a piangerci addosso.

Ecco il capitolo 1.

Capitolo I
Dei furbi e dei fessi

1. I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi.

2. Non c'è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia, non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente nella magistratura, nella Pubblica Istruzione ecc.; non è massone o gesuita; dichiara all'agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. questi è un fesso.

3. I furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta.

4. Non bisogna confondere il furbo con l'intelligente. L'intelligente è spesso un fesso anche lui.

5. Il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità a fingere di averle.

6. Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un furbo.

7. Segni distintivi del furbo: pelliccia, automobile, teatro, restaurant, donne.

8. I fessi hanno dei principi. I furbi soltanto dei fini.

9. Dovere: è quella parola che si trova nelle orazioni solenni dei furbi quando vogliono che i fessi marcino per loro.

10. L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono.

11. Il fesso, in generale, è stupido. Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo.

12. Il fesso, in generale, è incolto per stupidaggine. Se non fosse stupido, capirebbe il valore della cultura per cacciare i furbi.

13. Ci sono fessi intelligenti e colti, che vorrebbero mandar via i furbi. Ma non possono: 1) perché sono fessi; 2) perché gli altri fessi sono stupidi e incolti, e non li capiscono.

14. Per andare avanti ci sono due sistemi. Uno è buono, ma l'altro è migliore. Il primo è leccare i furbi. Ma riesce meglio il secondo che consiste nel far loro paura: 1) perché non c'è furbo che non abbia qualche marachella da nascondere; 2) perché non c'è furbo che non preferisca il quieto vivere alla lotta, e la associazione con altri briganti alla guerra contro questi.

15. Il fesso si interessa al problema della produzione della ricchezza. Il furbo soprattutto a quello della distribuzione.


16. L'Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all'ammirazione di chi se ne serve a suo danno. Il furbo è in alto in Italia non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che l'italiano in generale ha della furbizia stessa, alla quale principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta. Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere, l'esempio e la dottrina corrente - che non si trova nei libri - insegnano i sistemi della furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che l'ha colpita, ma in cuor suo si ripromette di imparare la lezione per un'altra occasione. La diffidenza degli umili che si riscontra in quasi tutta l'Italia, è appunto l'effetto di un secolare dominio dei furbi, contro i quali la corbelleria dei più si è andata corazzando di una corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non sufficiente, però, a porli al riparo delle sempre nuove scaltrezze di quelli.

Ricorso su incentivo non vinto, ma tutto sommato il PoliBA ne esce meglio di altri

  • Carissimi
              nonostante non abbia vinto il ricorso, che avevo comunque dichiarato avrei donato in beneficienza, per motivi strettamente burocratici (non mi hanno considerato la mia nomina a delegato del Rettore Costantino perchè non era stata registrata da un Decreto Rettorale), tuttavia sento di poter dire, visto che la situazione non va meglio in UNIBA, e altre Università, che nonostante il mio  Cahiers de doléances su incentivi una tantum al Politecnico di BARI.e nonostante il difetto della meritocrazia italiana di tagliare sulle soglie che finiscono per escludere brillanti scienziati come Giglietto, Gli assurdi della meritocrazia in Italia, e il "boh-index" al Politecnico di BARI, direi che sono soddisfatto. 
  •  Il rettore ha comunque distribuito queste cifre, senza troppo caos, anche se in genere al gotha di chi già guadagna di più, ma quindi alla fine possiamo guardare alle tante altre sfide che ci aspettano.
  • Non farò certo ricorso al TAR per avere questo incentivo, anche se la questione della mia delega al Rettore, e tanti aspetti procedurali, sono sensibili di censure. Ma conta lo spirito di servizio e l'armonia tra colleghi e con gli organi amministrativi, prima di tutto, nonchè cogliere lo spirito di questo incentivo che non poteva essere perfetto. Aspettiamoci maggiore cura nel futuro per assegnare le promozioni, nell'interesse del bene del Politecnico di BARI.  Viva il Politecnico!
  • saluti, 
  • mc

giovedì 12 marzo 2015

Auguri al Rettore, che porti la "croce" del PoliBA, certo che il vero potere è servizio


Esprimo i miei sentiti auguri al MR Di Sciascio che compie oggi credo 55 anni.

Ricordo a lui ma a tutti noi le parole del Rettore dimissionario Costantino, caso unico in Italia di piglio democratico e signorilità nel lasciare prematuramente il suo posto per il bene del Politecnico:  "...... consentendoci quindi di eleggere una nuova Guida che  mi auguro – chiunque Ella o Egli sia – voglia proseguire in una logica che anteponga, sempre e comunque, il bene del nostro bellissimo Politecnico a qualunque uso personalistico dell’autorità: come ci insegna Papa Francesco, “il vero potere è il servizio”."  Nicola Costantino​

Queste parole di Papa Francesco le ho volute ascoltare, le ho trovate qua



e mi piacerebbe che al Politecnico si adoperasse il concetto di servizio, e l'idea che per noi progredire, andare avanti (avere posti, cattedre, etc.) significa abbassarci e metterci a servizio degli altri (gli studenti, tanto per cominciare).

Ho notato un certo cambiamento di entusiasmo nel Politecnico riguardo per es alle nuove lauree, che ieri in CdD del DMMM sembrava nessuno più volesse, ma che appunto per grande spirito di servizio abbiamo approvato al meglio possibile obtorto collo, e che non si dica poi, se vengono bocciate, che la colpa è del DMMM.  Se forzatura c'è stata, sarà giusto riconoscere alla leadership la scelta rischiosissima di questa strategia.

E mentre ad alcuni sembrerebbe tornare la parabola evangelica "ritornano essi però non capivano queste parole; loro erano in un’altra orbita, discutevano tra loro (dei propri settori da inserire nella ingegneria Aerospaziale, che poi sarà in realtà declassata a "ingegneria dei sistemi per l'aerospazio"). E il Signore lo sapeva». Tanto che, quando giunsero a Cafarnao, «chiese loro: Di cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi «tacevano» per la vergogna. Per la strada avevano infatti discusso tra loro chi fosse il più grande.    Nel nostro caso, la logica per cui bisogna inserire il proprio SSD il più possibile, anche se la laurea in Aerospaziale (anzi, di sistemi in Aerospaziale) ormai non piace più a nessuno.


Ma nel Politecnico non deve essere così. Il Santo Padre lo ha ribadito per la Chiesa ... "la lotta per il vero potere, cioè quello che lui, con il suo esempio, ci ha insegnato: il potere del servizio. Il vero potere è il servizio. Come ha fatto lui, che è venuto non a farsi servire, ma a servire. E il suo servizio è stato proprio un servizio di croce: lui si è abbassato, fino alla morte, morte di croce, per noi; per servire noi, per salvare noi». «Per il cristiano — ha puntualizzato il Pontefice — andare avanti, progredire, significa abbassarsi. Se noi non impariamo questa regola cristiana, mai potremo capire il vero messaggio cristiano sul potere». Progredire pertanto vuol dire essere sempre al servizio. E «nella Chiesa il più grande è quello che più serve, che più è al servizio degli altri. Questa è la regola. Ma da quel tempo fino ad adesso le lotte per il potere» non mancano nella Chiesa.


Nel fare gli auguri ad Eugenio quindi, gli ricordo che la Sua è una croce e non un potere, che solo se darà l'esempio di cui parla Papa Francesco, anche gli altri di noi sapremo cogliere il messaggio, e smetterla di pensare alle promozioni come segno di potere, ma vedremo nelle promozioni, e in tutte le altre attività, un esercizio di scelta della massima valenza per il Politecnico.   Da questo punto di vista, il Tuo rettorato è appena cominciato, c'è già molto scontento in larga parte dovuto alle poche risorse che purtroppo Tu non puoi moltiplicare come i Pani e i Pesci, e ci saranno pochissime promozioni.  Se non vorrai essere messo in Croce, dovrai cercare di fare la moltiplicazione (appoggiamo il piano straordinario del presidente della CRUI rettore Prof. Paleari, vedi qua??), mostrare l'esempio massimo di non favorire solo Tuo SSD, Tuo Dipartimento, etc etc., e allora vedrai che il Politecnico davvero decollerà.

Ribadisco tanti auguri.
Tuo ex-delegato

Michele

PS

Il Papa ha poi posto l’accento sul linguaggio che si usa abitualmente quando si intende sottolineare i passaggi di carriera: «Quando a una persona danno una carica che secondo gli occhi del mondo è una carica superiore, si dice: Ah, questa donna è stata promossa a presidente di quell’associazione; e questo uomo è stato promosso». Promuovere: «Sì — ha commentato — è un verbo bello. E si deve usare nella Chiesa, sì: questo è stato promosso alla croce; questo è stato promosso all’umiliazione. Questa è la vera promozione. Quella che ci fa assomigliare meglio a Gesù». Sant’Ignazio, negli Esercizi spirituali, «ci fa chiedere al Signore crocifisso la grazia delle umiliazioni: Signore voglio essere umiliato, per assomigliare meglio a te. Questo è l’amore, è il potere di servizio nella Chiesa. E si servono meglio gli altri per la strada di Gesù» ha detto il Papa.

Altri tipi di promozione non appartengono a Gesù. Sono promozioni definite dal Pontefice «mondane» ed esistono sin dal tempo di Gesù stesso. «Sempre ci sono state nelle Chiese — ha ribadito — cordate per arrivare più in alto: carrierismo, arrampicatori, nepotismo». Il Papa si è poi riferito a una sorta di «simonia educata», cioè quella che porta a pagare di nascosto qualcuno pur di diventare qualcosa. «Ma quella non è la strada del Signore. La strada del Signore è il suo servizio. Come lui ha fatto il suo servizio, noi dobbiamo andare dietro a lui nel cammino del servizio. Quello è il vero potere nella Chiesa. Io vorrei oggi pregare per tutti noi, perché il Signore ci dia la grazia di capire che il vero potere nella Chiesa è il servizio e anche per capire quella regola d’oro che lui ci ha insegnato con il suo esempio: per un cristiano progredire, andare avanti, significa abbassarsi» ha concluso.


martedì 10 marzo 2015

cui prodest Ingegneria Aerospaziale a Taranto?

Ricordando le parole del Rettore dimissionario Costantino, caso unico di piglio democratico e signorilità, che addirittura lasciò prematuramente il suo posto per il bene del Politecnico:  "...... consentendoci quindi di eleggere una nuova Guida che  mi auguro – chiunque Ella o Egli sia – voglia proseguire in una logica che anteponga, sempre e comunque, il bene del nostro bellissimo Politecnico a qualunque uso personalistico dell’autorità: come ci insegna Papa Francesco, “il vero potere è il servizio”."  Nicola Costantino

A questo proposito, dobbiamo fare il bene del Politecnico.  E allora "cui prodest" la laurea in Ingegneria Aerospaziale a Taranto?

Lasciando perdere il premio nobel Krugman che recentemente ha sostenuto “È un falso mito che l’alto livello di istruzione garantisca lavori migliori e che la disoccupazione sia un problema di mancanza di competenze. È questione di potere”, a chi serve questa laurea a Taranto in Aerospaziale?  Forse è una questione di potere, tra Rettore, CUN, altre facoltà di Ingegneria i cui docenti aerospaziali potrebbero invaderci, e politici locali di Taranto.

Non certo al territorio, dato che già esiste una magistrale a Brindisi, e peraltro è molto deficitaria per numero di iscritti, pur partendo da premesse migliori.

Non certo a noi, visto che ora saremo costretti a diluirla con molti SSD di aerospaziale, ossia a venire invasi probabilmente da docenti di altre sedi. Non a caso il CUN che ci ha "provvisoriamente" bocciato a quanto pare perchè non avevamo inserito abbastanza materie caratterizzanti, e ora saremo costretti a farlo, con il rischio di "invasione", che sia voluto o meno.  

Non certo agli studenti, che sicuramente non aumenteranno, e che con questa laurea, andranno ancora più lontano per trovare lavoro. Non credo a grandi assunzioni di ingegneri a Grottaglie, e cmq non serve questa laurea per essere assunti, anche senza scomodare Krugman.

Non certo per raccattare più finanziamenti: quei pochi che sono arrivati, lo sono arrivati già con Meccanica

Non certo per razionalizzare l’uso dei docenti del Poliba, anzi quelli spediti a Taranto sono preziosi e indeboliscono l’offerta di Bari

Non certo per rinforzare l’immagine del Politecnico, che si lancia in una operazione dubbia e probabilmente subito fallimentare

Meglio sarebbe stato sperimentare teledidattico sulle sedi periferiche come ha fatto PoliTO per un certo periodo, ma poi non ha funzionato nemmeno quello, e non andrebbe facilmente nemmeno a noi, anche se noi siamo chiaramente Università sempre più di serie B, e non possiamo confrontarci con PoliTO.

Meglio sarebbe stato persino la proposta di un collega (CP) di farla da Bari.

A chi giova? Forse l’unico è l’amicizia con il col. V, ma che ci ha fatto V? Un lavaggio del cervello? Macchissenefrega!