lunedì 12 marzo 2012

prepensionamento in uk, eta` e produttivita` scientifica, reclutamento dei giovani

Carissimi

negli ultimi giorni si moltiplicano le discussioni sul pensionamento forzoso dei ricercatori e associati a 65, che trovo ingiusto, e proporrei addirittura, visto che il governo dice tanto di essere filo-inglese e americano, di proporre che la pensione non sia PIU' obbligatoria per i professori, come in USA. Qualcuno della sinistra, o comunque chi ha fatto ridurre l'età pensionabile persino agli ordinari, creando non pochi ricorsi TAR, salterà dalla sedia, ma intanto questo penso ora, e vorrei tornare indietro.

Se avete visto il testo di Alan Ponter x convegno Cosau di sabato 17, che ricordo trovate qua, trovate che la storia UK insegna molto, e anzi vi allego di sotto una nota successsiva di Ponter di chiarimento, in inglese e italiano.

Siccome non si puo' scendere di FFO piu' di un 2 - 3 % all'anno a meno di grossi pensionamenti, in UK fecero prepensionamenti. Ma in UK sono sempre stati volontari e con pacchetti di incentivi! Peraltro stamattina calcolavo che negli ultimi 3 anni FFO e' sceso mediamente di 7%, ma solo del 2% nelle università del centro, del 4% al Nord, e ben del 9% al SUD, il chè indica un desiderio di secessione!

Ma tornando a noi, condivido la rivolta in atto, e anzi vi posso dare spunti per la protesta. Rispetto agli anni 80, ora il governo inglese e' andato avanti, ha deciso un anno fa di lseguire la direttiva europea che invita gli stati membri ad evitare la "age discrimination" e a forzare quindi la gente a lasciare il lavoro non per demerito ma per data di nascita. Questa direttiva si ispira a quanto vige negli Stati Uniti dove, se lavori bene e l'Università non ha ragioni di merito per licenziarti, puoi continuare a lavorare indipendentemente dall'età - appunto perchè altrimenti saresti discriminato per la tua età. Stanno iniziando ad esserci sentence in questo senso in Europa. E' un punto di importanza fondamentale con grandi conseguenze, soprattutto in un campo come il nostro dove si può essere perfettamente attivi, creativi e propositivi tanto a 60 come a 75 anni ed oltre. Credo sia un argomento importante anche nel momento in cui si invita a non anticipare l'andata in pensione. Comunque l'Europa si sta muovendo in questa direzione ed io la sto seguendo con un avvocato internazionalista.

Se venite al convegno COSAU, vi posso dare maggior informazioni. Potrebbe anche partire una class action contro l'andata in pensione di TUTTI, ma che si faccia su base volontaria, e per fare entrare i giovani, non per cacciare i bravi migliori scienziati italiani. Va fatto su base meritocratica!

Vi allego di sotto quindi la mia proposta piu' aggiornata.

Michele Ciavarella


Pensionamento anticipato in UK negli anni ’80-’90 (da Ponter, Università inglesi e italiane, discorso al Convegno Cosau del 17 Marzo Politecnico di Torino, versione 3).

A causa della tenure, inviti ad andare in pensione furono estesi a categorie di accademici, inizialmente tutti gli over 60 (l'età pensionabile normale era 65), anche se fu creato un criterio di "interesse manageriale". Ad esempio, se l’accademico aveva una posizione che l'Università doveva immediatamente sostituire, l'argomento per il prepensionamento era gravemente indebolito. Lo staff delle Università ha il suo schema di pensionamento indipendente e, nel 1980 potè assorbire prepensionamenti con qualche integrazione del governo. Altri inviti selettivi al pensionamento anticipato furono portati avanti, con condizioni abbastanza generose. Il numero di pensionamenti era tale che il reclutamento di giovani (meno costoso) è continuato, producendo una distribuzione per età del personale che divenne più salutare rispetto al passato. La promozione del personale è continuata sul merito, indipendente dal costo (invece in Italia siamo ormai ancorati a considerare per es un esterno, “costoso”, ndt). Molti accademici hanno continuato l'insegnamento dopo il pensionamento sui contratti con pagamento in base alle ore insegnate.

NDT e proposta per l’Italia di Michele Ciavarella: Tenendo conto dell’esperienza inglese, e aggiungendo le recenti normative contro la “age discrimination”, che pare stanno per essere accolte già in UK, e quindi dovranno esserlo anche in Italia, non ha senso proporre pensionamenti sulla base dell’età, meno che mai sulla base della categoria, differenziando anche l’età pensionabile (per quale motivo discriminare?). In Italia sarebbe auspicabile un mix di azioni di prepensionamento su base volontaria e incentivata, e un’estensione dell’età pensionabile come in USA, per chi è particolarmente attivo e dimostra eccezionali capacità. Queste capacità potrebbero essere valutate da commissioni interne all’Ateneo, ma anche con componenti esterni nazionali e internazionali di alto livello. Nelle more del funzionamento di ANVUR che è già oberata di troppi compiti, per es. si potrebbe optare per valutatori estratti dai migliori 2500 scienziati Italiani della classifica VIA-ACademy http://www.topitalianscientists.org/Top_italian_scientists_VIA-Academy.aspx e naturalmente agli stessi si dovrebbe offrire a maggior ragione, se sono in servizio in Italia, un automatico riconoscimento avendo h-index >30. D’altro canto, che senso ha aver introdotto, se non formalmente, almeno informalmente in molti SSD, dei criteri minimi per passare di categoria, e dei criteri minimi per entrare nelle commissioni, se non è prevista qualche forma di distinzione anche per gli ordinari? In altre parole, solo i migliori 50% degli ordinari dovrebbero entrare nelle commissioni, e allo stesso tempo, solo a loro dovrebbe essere data la possibilità di restare in servizio. A coloro che sono al disotto della mediana, oltre a non partecipare alle commissioni di concorso, dovrebbe essere reso più difficile, a meno di non limitarsi a puro insegnamento, il proseguimento delle attività di ricerca, se non su base volontaria. Il tutto per avere un quadro coerente e meritocratico.
Naturalmente, la preoccupazione che gli anziani possano ancorarsi al posto a vita, specie chi ha cariche importanti, va scongiurata, da un lato mettendo dei vincoli agli eccessi sulle cariche, e dall’altro favorendo soprattutto l’insegnamento, come in UK, ma anche in USA, dove un anziano viene SFAVORITO sia nei finanziamenti che nell’insegnamento, finchè deve davvero essere estremamente motivato per restare. Una pensione ancora alta come per chi va in pensione ora, integrata da ulteriori incentivi, dovrebbe essere motivo sufficiente ad alcuni prepensionamenti. In Italia poi la curva di pensionamenti è talmente forte nei prossimi anni, che piuttosto che i prepensionamenti, sarebbe da auspicare lo sblocco del turn-over. Ma lasciare qualche grande scienziato operativo, magari compensando in questo modo lo sblocco del turn over, non deve ostacolare l’assunzione di giovani. In altre parole, se l’anziano che resta in servizio viene calcolato da quella percentuale di posti di blocco turn over che comunque andrebbero persi, non sussiste il rischio che questo blocchi dei posti dei giovani.












POST SCRIPTUM


Altri dibattiti relativi a questa questione, che sono lunghi da riportare.



Nella circolare n.2 del Dipartimento della funzione pubblica dell'8 marzo 2012
si legge CHIARAMENTE che si mandano in pensione a 65 anni, e per chi ha
maturato i requisiti anche prima, tutti i dipendenti statali fatti salvi coloro
ai quali è consentito andare a riposo a 70 anni come i magistrati, gli avvocati
e i procuratori dello Stato, e i professori ORDINARI.
Tutti gli altri in pensione subito, anche se non hanno raggiunto l'anzianità di
servizio.
Questa legge assurda anti-Fornero sta mettendo in subbuglio tutti i Ministeri.
Noi ne abbiamo notizia? O meglio qualcuno sa cosa capiterà da domani ai
ricercatori e ai professori associati?
Grazie, resto in attesa e intanto vi mando il link a un articolo di Italia oggi
che parla della tagliola sugli statali.
http://www.italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201203091110057013&chkAgenzie=ITALIAOGGI&sez=newsPP&titolo=Dipendenti%20statali%20a%20casa%20di%20corsa

Cordiali saluti
Prof. Maurizia Migliorini

Per chi ancora non lo sapesse (!!!!) le ricercatrici e i ricercatori da
alcuni anni sperimentano questo trattamento e la storia ultima brulica di
ricorsi al TAR (alcuni vinti altri no).

La maggior parte degli Atenei infatti si e' affrettato a licenziare (un
pensionamento forzato lo chiamerei cosi') le ricercatrici e i ricercatori
ai sensi dell’art. 17, comma 35 nonies, della l. n. 102 del 2009, secondo
cui per “gli anni 2009, 2010 e 2011 le pubbliche amministrazioni (…)
possono, a decorrere dal compimento dell’anzianità massima contributiva di
quaranta anni del personale dipendente (…) risolvere unilateralmente il
rapporto di lavoro ed il contratto individuale anche del personale
dirigenziale, con un preavviso di sei mesi”.

Buon fine settimana

Maria Letizia Ruello


La legge è stata solo parzialmente modificata. Io per esempio mi sono dimesso pochi mesi prima del compimento dei 67 anni, altrimenti a quel compimento sarei andato ("stato messo") automaticamente in pensione.
Poi la legge ha tolto il diritto al +2 e il limite è diventato 65 ed enti come il CNR hanno deliberato che non avrebbero concesso a nessuno la proroga a 67.
Poi la legge ha aggiunto il limite di 40 anni di contributi (incluso l'eventuale riscatto della laurea). Ma il calcolo della pensione ha sempre solo utilizzato un massimo di 40 anni (io ho "perduto" in tal modo tutto il riscatto). Dopo i quarant'anni di contributi la pensione aumenterebbe ancora di valore (col metodo retributivo) solo per il possibile aumento dell'ultimo stipendio in godimento e per lo scorrimento in avanti degli "ultimi" 40 anni. Ma molto più grave di ciò è la graduale diminuzione del rendimento dei contributi, introdotta da un Governo di una quindicina di anni fa, al disopra di un reddito di circa 40.000 euro (nel 2008, il limite si rivaluta ISTAT ogni anno), che riduce progressivamente il valore totale della pensione: di questo non ho mai sentito nessuno lamentarsi.

Si può essere scontenti della legge, ma legge è legge. Arrivati al limite non c'é "forzatura" né "unilateralità" né "tagliola", ma la semplice applicazione della legge.

Il limite dei 70 anni di età è rimasto solo per pochi. A quanto pare però io non avevo capito che l'estensione del limite di età introdotta dalla riforma Fornero non vale per il pubblico impiego.

Franco Pavese


Cari colleghi,
la circolare dice espressamente che la riforma Fornero non viene applicata al pubblico impiego. Allego il testo della circolare http://www.funzionepubblica.gov.it/media/956787/circolare_2_2012.pdf
Ringrazio tutti coloro che invitano a un sereno pensionamento e ad accettare il nuovo corso, ma vi chiedo se il pensionamento ai raggiunti 40 anni d anzianità e ai 65 anni deve intendersi applicato anche ai professori associati che fino a ieri godevano di un periodo di lavoro più lungo. Non so se vi è chiaro ma questa legge svuoterebbe gli Atenei. Qualcuno riesce a fornire un'interpretazione? Grazie
Maurizia Migliorini


A Bologna (e quindi credo debba essere così ovunque), i PO vengono collocati a riposo al termine dell'AA in cui compiono i 70 anni. Lo stesso vale per i PA che optino per il regime della L. 230/2005 (Gelmini); per i PA che non esercitino l'opzione (ancora possibile), il collocamento a riposo è a 65 anni.

Gian Piero Spada


Gli associati con più di 65 anni dovrebbero essere 2000-2200 e dall'anno
prossimo 500-600 l'anno. Numeri piuttostro grandi per la sostenibilità dei
corsi considerando l'attuale turn over.
Chi si può considerare in regime 230/2005? Non ci sono mai stati concorsi
secondo quella legge e non ho capito se a fronte di una opzione
l'unversità risponde con un documento ufficiale all'interessato. La cosa
non è di poco conto.


Avevo in mente di riservare per altro il mio intervento, ma il provocatorio messaggio che riporto qui sopra mi impone di rispondere.
NON adesso. La mia personale posizione è questa: avendo sia i requisiti di età (sono nato nel 1946) sia di contributi (ben oltre i 40 anni) potrei andarmene "domani". Ma ho fatto l'opzione di cui al comma 19 della legge 230/2005 "Moratti" (per chi lo chiedeva: l'opzione c'è, non è stata abrogata e per cancellare il diritto all'opzione ci vuole una legge, non basta una circolare; se non si esercita l'opzione l'età di pensionamento dei professori associati è a 65 anni: il buffo e tragico è che molti sembra non lo sappiano) quindi ho diritto di restare in servizio sino al compimento dei 70 anni di età. A prescindere dal fatto che mi ritengo utile all'Università, proprio per l'esperienza accumulata, non vado via perché ritengo che sarebbe una diserzione, una mancanza ai miei doveri. Mi spiego meglio: se andassi in pensione adesso lascerei a disposizione del mio Ateneo metà del mio budget, con vincoli di legge tali che anche questa metà non sarebbe neppure tutta utilizzabile. Se me ne
andrò dopo la fine del blocco (parziale) del turn over, lascerò a disposizione del mio Ateneo TUTTO il mio budget: io sento che sto difendendo a favore dei giovani un posto di ruolo, non che lo sto occupando.
Ben lieto di leggere sensate argomentazioni contrarie, ma per piacere, basta con le affermazioni apodittiche travestite da domande. Sono passato anch'io per il periodo "tutto il potere ai giovani" e "non fidarsi di chi ha più di trent'anni", ma ne sono cresciuto fuori; no alla gerontocrazia, no a chi si abbarbica al potere, ma affermo troppo se dico di credere nel buon senso?
Buona giornata a tutti

Paolo Manzini
Vice Presidente Nazionale (vicario) del CIPUR


Da Unilex, lista di legislazione universitaria fondata da Tristano Sapigni
**************************************************************************

Se si fa l'opzione Moratti per potere raggiungere l'anzianità contributiva
e si decide poi di andare in pensione per esempio a 67 anni si deve
aspettare 2 anni per la liquidazione. Senza opzione Moratti si va a 65 con
la liquidazione pagata dopo 6 mesi ma con la pensione inferiore.
Stanno così le cose?

Gentili professori e colleghi,
si ritiene utile evidenziare che alla pagina
http://www.unipi.it/ateneo/governo/organi/attivita/cda/Anno-accad/Seduta-del3/1_6.pdf
del sito web di Ateneo e' pubblicato un documento riassuntivo concernente i
provvedimenti normativi in itinere riguardanti le Pubbliche amministrazioni
e il Sistema universitario in particolare.



1.6 Provvedimenti in itinere riguardanti le Pubbliche Amministrazioni Il
Presidente comunica che negli ultimi tempi si è assistito ad una cospicua
produzione normativa
che impegna molto le pubbliche amministrazioni, e il sistema universitario
in particolare, nell’opera di
recepimento, studio e valutazione dei vari contenuti.
In particolare, nell’ordine:
1. La legge n.183/2011 (legge di stabilità per l’anno 2012 in GU n.265 del
14 novembre 2011). Tra le
norme più importanti per l’impatto sugli enti pubblici si segnalano quelle
relative all’introduzione
di un contributo per la partecipazioni alle selezioni per il reclutamento
di personale dirigente, la
norma che interviene sulla disciplina del congedo per motivi di studio da
parte dei professori e
assistenti universitari. Inoltre una parte molto rilevante del testo è
dedicato alla modifica del DPR
445/2000 il testo sulla documentazione amministrativa di cui recentemente
la Direzione
amministrativa ha emanato una specifica nota. Altri interventi riguardano
l’istituto della mobilità,
l’incremento dei contributi INPS della gestione separata oltre ad alcune
misure sul lavoro a tempo
parziale e al telelavoro. La legge è importante perché si autorizza
l’ulteriore spesa a vantaggio del
Fondo di Finanziamento Ordinario e l’incremento del Fondo di Dotazione per
la concessione dei
Presiti di onore.
2. Decreto Legge 29 dicembre 2011 n. 216 (GU n. 302 del 29 dicembre 2011)
Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative (c.d. decreto milleproroghe). Il
provvedimento è in attesa di
conversione. Il Presidente ricorda che la conversione del provvedimento
deve avvenire entro due
mesi dall’entrata in vigore. A oggi il provvedimento è in discussione al
Senato dopo le modifiche
intervenute alla Camera. Tra le norme che hanno riflessi per le Università
si ricorda l’art.1 che
contiene la proroga di alcuni dei termini entro i quali le pubbliche
amministrazioni, in base alla
legislazione vigente, possono procedere alle assunzioni di personale a
tempo indeterminato
nell’ambito dei limiti previsti per il turn over. In particolare, si
prorogano al 31 dicembre 2012 i
termini per le assunzioni di personale a tempo indeterminato per
specifiche amministrazioni anche
in riferimento alle cessazioni verificatesi nel biennio 2009-2010 (comma
2). Inoltre, si estende al
quadriennio 2009-2012 (in luogo del triennio 2009-2011) la possibilità di
assumere prevista per le
università statali, nonché la proroga al 31 dicembre 2012 del termine per
procedere alle assunzioni
di professori universitari di II fascia previste per il 2011. Inoltre
l'efficacia delle graduatorie dei
concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle
amministrazioni pubbliche
soggette a limitazioni delle assunzioni, approvate successivamente al 30
settembre 2003, è
prorogata fino al 31 dicembre 2012. Sarà indispensabile seguire l’iter
della conversione per capire
se ci sono ulteriori norme di impatto per gli atenei.
3. Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 Disposizioni urgenti per la
crescita, l'equità e il
consolidamento dei conti pubblici. (GU n.284 del 6-12-2011 - Supplemento
Ordinario n. 251)
convertito con modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214 (in
Supplemento Ordinamento n.
276, G.U. 27/12/2011, n. 300). Anche in questo caso si tratta di un
provvedimento molto complesso
che tratta moltissimi argomenti. In primis si segnala l’art. 24 che
disciplina, tra l’altro, la riforma
delle pensioni con il definitivo passaggio al sistema contributivo e
l’abbandono delle c.d. pensioni
di anzianità. Tra le altre misure che sono già in vigore, si evidenziano
le norme sulla tracciabilità e i
pagamenti per cassa da parte delle Pubbliche amministrazioni, alcune
modifiche al codice degli
appalti a proposito dell’anomalia delle offerte e altre norme collegate.
Su questi ultimi argomenti la
Direzione amministrativa ha recentemente emanato una circolare a tutte le
strutture.
4. Decreto Legge 24 gennaio 2012, n.1 (Decreto Liberalizzazioni)
“Disposizioni urgenti per la
concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” (GU n.
19 del 24 gennaio 2012 -
suppl. ordinario n.18) anche in questo caso si tratta di un provvedimento
in attesa di conversione.
5. Rispetto al decreto mille proroghe non è stato ancora licenziato da un
ramo del Parlamento vista
anche la presenza di moltissimi emendamenti. Tra le norme di forte impatto
per le Università si
segnala l’art. 35, commi da 8 a 13 che dispone, a decorrere dalla data di
pubblicazione del decreto e
fino al 31.12.2014, la sospensione del regime di tesoreria unica mista e
l’applicazione, anche alle
versità, del regime di Tesoreria Unica (T.U.) disciplinato dalla legge
29.10.1984 n. 720. In
buona sostanza tutte le entrate dell’Università (amministrazione centrale
e dipartimenti) dovranno
essere versate nelle contabilità speciali aperte presso la sezione di
tesoreria provinciale dello Stato
gestita dalla Banca d’Italia. In particolare, le entrate proprie,
accreditate sul conto corrente presso
l’Istituto Cassiere, dovranno essere riversate, ad opera dello stesso
Cassiere, nella contabilità
speciale, sottoconto fruttifero, mentre le entrate ministeriali e i
trasferimenti dello Stato, compresi
quelli provenienti da mutui, dovranno affluire nella contabilità speciale,
sottoconto infruttifero.
Anche in questo caso bisogna attendere la conversione in legge per capire
la dimensione
dell’impatto sugli Atenei del complesso provvedimento.
6. Decreto Legge 9 febbraio 2012, n.5 Disposizioni urgenti per la
semplificazione e lo sviluppo. (G.U.
n. 33 del 9.2.2012 supplemento ordinario n. 27). Anche in questo caso si
tratta di un decreto legge
omnibus che contiene una serie di norme che riguardano un po’ tutti i
campi. Il provvedimento tra
l’altro contiene una serie di modifiche alla legge 240/2010 e ad altri
ambiti del settore universitario
(allegato 1) oltre ad un’altra serie di interventi che riguardano gli
appalti, misure per la
semplificazione della ricerca internazionale e industriale, la ricerca di
base. Inoltre è introdotta una
nuova ipotesi di aspettativa per il personale dipendente per attribuzione
di Grant comunitari o
internazionali e semplificazioni per la ricerca. Sono introdotte, tra le
tantissime norme, nuove regole
per l’astensione anticipata dal lavoro per maternità. Anche in questa
circostanza bisogna attendere
la conversione in legge per capire la dimensione dell’impatto sugli Atenei
del complesso
provvedimento.
Il Presidente, mentre rileva che la Direzione amministrativa sta svolgendo
un costante monitoraggio
dei provvedimenti per l’individuazione in concreto delle norme applicabili
in vista della conversione in
legge, ricorda che all’11 febbraio 2012, sono stati emanati n. 19 decreti
di attuazione della legge
240/2010 (allegato 2).

Nessun commento:

Posta un commento