martedì 24 febbraio 2015

La guerra alle Università di serie B?

Dopo Renzi che si fregia di parlare di Università di serie A (quelle del Nord, dalle classifiche quotate dal governo), parlando all'inaugurazione del Politecnico di TORINO, nessuno nota che c'è anche una certa schizofrenia in questa politica, come faceva notare Walter Tocci qualche anno fa. Infatti, con i fondi strutturali europei si è finanziata la ricerca universitaria al Sud per circa 100 milioni l'anno nel periodo 2007-2014 – con risultati migliori rispetto ad altre voci di investimento - ma nel contempo si sono indebolite le strutture che dovevano gestire queste risorse. È il difetto dell'approccio italiano che utilizza i fondi straordinari europei in sostituzionedi quelli ordinari, perdendo in efficacia e continuità dell'investimento. Non ha senso ridurre i ricercatori e gli studenti proprio nei territori che ricevono più fondi per la ricerca.Eppure nessuno sembra responsabile di tali incongruenze.  Mentre alcuni godono di fondi europei che gonfiano l'orgoglio di professori che però hanno ben poche strutture funzionanti per metterli in opera, continua il declino del Sud, ma non si danno nemmeno buone possibilità a chi si trova al Sud di trasferirsi (e chi ti assume, se i concorsi per "esterni" voluti dalla Gelmini sono pochissimi e costosissimi, almeno per la fascia degli ordinari --- proponevo una soluzione almeno a questo recentemente).   Sta diventando un nuovo campo di concentramento tipo Auschwitz?

Continua quindi il tartassamento mediatico contro le Università del Sud.

Segnalo infatti l'articolo di Pierluigi Panza sul corriere di ieri. E' un professore di notevole CV.

Altri due colleghi molto quotati (Enrico Alleva dell'accademia dei Lincei, che mi pare ha un CV notevole, e tale Fulvio Esposito di Camerino, già Rettore)  che scrivono su Espresso sembrano confondere una restrizione di legge, quella di dover bandire un RTD-B per ogni 2 posti da ordinario, con avere i soldi per fare i posti, che non ci sono! Mettere questa restrizione per le Uni che non hanno soldi significa solo dover fare i salti mortali per far uscire pochissimi posti sia di RTD-B, che di Ordinari!

Solo 10 anni fa quando si faceva un ordinario, gli si dava un ricercatore. Ora la legge potrebbe avere sancito esattamente la stessa cosa, con la enorme differenza che soldi non ce ne sono, a parte forse qualcosina al Nord.....

Sembra a tutti quasi che le Università vogliano promuovere ad oltranza gli interni, quando invece la materia è più complessa.  Negli anni del concorso Berlinguer sono stati promossi 50% degli associati, probabilmente la maggior parte anziani, e siccome il 50% degli ordinari è andato in pensione dal 2007 ad oggi, probabilmente una metà di quelli del concorso Berlinguer lo sono andati.   Quindi è rimasta un'altra 50% di associati che non è mai stata promossa, e diciamo che non sarà tutta necessariamente la più scadente.  Poi ci sono quelli che non erano ancora associati, ma per poco, o che venivano dal CNR (come me) e magari oggi sono molto validi.

Insomma, si continua a fare disinformazione.   Ma abbiate il coraggio allora di chiuderle queste università in tronco tutte, e trasferirle di peso al Nord, se questo pensate che risolva il problema.

Molto deluso. MC

PS:   io non sono un economista, ma probabilmente di questo vizio italiano di spendere solo su certi capitoli, mentre altri vengono strangolati, e fare cattedrali nel deserto ci deve essere una grande letteratura.    I 700 milioni già spesi sono tanti, e ne bastavano altri 200 di fondi ordinari per fare un bel piano straordinario di ordinari. Che i poco lungimiranti (saranno stati i grillini?) hanno bloccato in parlamento 

 --------------- Emendamento da introdurre nella bozza di legge di stabilità 2015

(Art. 28, c. 32)

La dotazione del Fondo per il finanziamento ordinario delle università è incrementata, per l'anno 2015, di 100 

milioni di euro, nonché di 50 milioni per l’anno 2016 e di 50 milioni per l’anno 2017.

A valere su quota parte delle risorse di cui al primo periodo del presente comma, con decreto del Ministro 

dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro il 31 gennaio di ciascun anno, di concerto con 

il Ministro dell'economia e delle finanze, è approvato un piano straordinario per la chiamata di professori 

di prima fascia per ciascuno degli anni 2015-2017.




La relazione di accompagnamento spiegava bene:

Proposta di emendamento alla Legge di stabilità per il 2015
Istituzione di un piano straordinario per la chiamata di professori di prima
fascia
L’istituzione di un fondo straordinario ad hoc per i professori di prima fascia ha lo
scopo di consentire la compiuta realizzazione degli esiti relativi alle procedure di
valutazione per il conseguimento dell’Abilitazione scientifica nazionale (ASN) a
professore di prima fascia, bandite con decreto direttoriale 222 del 20 luglio 2012, e
n. 161 del 28 gennaio 2013 e raggiungere il risultato di un reale ricambio
generazionale anche tra i professori di prima fascia, funzionale a valorizzare il
merito, analogamente a quanto già attuato per i docenti di seconda fascia.
L’emendamento alla legge di stabilità si colloca non solo nell’ottica di valorizzare il
merito e consentire la progressione di carriera di studiosi da tempo impegnati nella
ricerca scientifica, anche sul piano internazionale, e nella didattica, ma altresì per la
necessità di realizzare quanto da tempo richiesto dall’Unione europea che, da ultimo
nel rapporto dell’High Level Group on the Modernisation of Higher Education sull’
“Improving the quality of teaching and learning in Europe’s higher education
institutions” (2013), ha ribadito che l’impegno nella didattica e nella ricerca deve
portare a progressioni di carriera. Solo in questo modo, d’altra parte, le nostre
università potranno competere con quelle europee.
Le procedure dell’ASN - in linea con l’approccio seguito dall’ANVUR nella
valutazione della qualità delle Università italiane - hanno valorizzato criteri di merito,
della ricerca di rilevanza internazionale, dell’elevata qualificazione della produzione
scientifica, della produttività e della capacità di essere competitivi nell’attrazione di
fondi di ricerca.
I professori abilitati alla prima fascia che hanno dimostrato di possedere questi
requisiti, sono quindi, da considerare come una risorsa non solo per le università ma
per il Paese.
L’immissione in ruolo di docenti che hanno superato, dopo decenni di concorsi locali,
una procedura selettiva nazionale che è stata affidata a commissioni nelle quali era
presente anche un Commissario di Università straniere, risulta urgente soprattutto
nella prima fascia che è stata finora del tutto trascurata. E’ evidente, infatti, che
l’immissione di nuovi docenti nella fascia più elevata consentirebbe un
miglioramento reale degli Atenei, dando seguito concreto alle istanze di
rinnovamento delle università da più parti auspicato. Senza dimenticare l’importanza
del ruolo che i professori ordinari potranno avere sia in relazione all’acquisizione di
risorse e all’incremento dei rapporti internazionali, sia in termini di aggregazione di
gruppi di ricerca e di reclutamento, nonché nelle attività di direzione e gestione
all’interno degli Atenei.
Inoltre, come rilevato dal Consiglio Universitario Nazionale (CUN) nell’adunanza
del 29 gennaio 2014, nel 2017 saranno in servizio soltanto la metà dei professori di
prima fascia rispetto a coloro che lo erano nel 2007.
Il CUN ha peraltro auspicato, nel documento del 9 aprile 2014 “Reclutamento
Universitario, una proposta per uscire dall’emergenza”, l’introduzione di un piano
straordinario per l’assunzione di 4000 professori di prima fascia da programmare
nell’arco del prossimo triennio.
La riforma Gelmini, che con i concorsi nazionali puntava a valorizzare il merito,
rischia di essere inattuata in numerose università italiane, lasciando i professori
abilitati alla prima fascia in un limbo. Accade, infatti, che alcune università, per
problemi spesso legati a scelte del passato, siano bloccate nelle chiamate e nei
concorsi di prima fascia, a fronte dei numerosi pensionamenti rimasti senza turn over,
proprio in una fase in cui è maggiormente sentita l’esigenza di un rinnovamento, se si
considera che ai professori di prima fascia la riforma ha affidato, in via esclusiva
ruoli importanti come il reclutamento.
Pertanto, in considerazione della selettività che le procedure di Abilitazione
Scientifica Nazionale hanno garantito, nel valutare l’elevata produttività dei candidati
e la qualità dell’attività scientifica, in linea con i criteri ANVUR per la qualità della
ricerca universitaria;
in considerazione del ruolo che i professori di prima fascia rivestono nell’ambito
delle istituzioni universitarie, non solo in un contesto di valorizzazione delle attività
scientifiche, di guida di gruppi di ricerca, di attrazione delle risorse in progetti
competitivi, ma anche nella partecipazione ad organi e commissioni di concorso;
in considerazione dell’elevato numero di pensionamenti che negli ultimi anni ha visto
una contrazione dell’organico, senza contestuale avvio di reclutamenti di docenti di
prima fascia, per disapplicazione del sistema di turnover;
si propone l’istituzione di un piano straordinario destinato alle chiamate di docenti di
prima fascia il cui onere verrebbe riassorbito, in parte, dal numero elevatissimo di

pensionamenti che si sta verificando e si verificherà nei prossimi anni.

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