giovedì 10 giugno 2010

La Riforma Gelmini, i ricercatori e reclutamento nel quadro storico e internazionale

Sembra prendere piede la protesta dei ricercatori (anche allargandosi ad associati e ordinari, vi veda il link dove Claudio Procesi, accademico del Lincei e ordinario di algebra alla Sapienza, ha dato avvio a una lista di associati e ordinari già intorno a 1000) e ieri molti amici e colleghi mi hanno chiamato anche perchè è uscito sul sito CNRU il link all'articolo dell'amico David Naso collega del PoliBA che ha risposto a sua volta alla mia lettera al Direttore della Gazzetta, dicendo che ho irritato molti colleghi ricercatori con la mia premessa sugli aspetti "ope legis" di alcune varianti della loro richiesta.

Colgo l'occasione per spiegare meglio il mio punto di vista, anche inquadrando storicamente il "problema" di cui si parla, e peraltro cercando di indicare il quadro internazionale sull'organizzazione della docenza, tanto per fare chiarezza.

1) Quadro Storico
Nella mia lettera alla Gazzetta, io parlavo di "paura dei ricercatori" che la nuova categoria dei ricercatori a Tempo Determinato abbia una corsia preferenziale. Ebbene, dalla proposta ufficiale di Merafina su CNRU (testo qui) leggo

"Su questa crisi, il disegno di legge sceglie delle soluzioni che risultano assolutamente poco credibili e non attuabili se verranno mantenuti i tagli introdotti dalla legge 133 del 2008 e soprattutto impedisce ai Ricercatori Universitari, per la mancanza di concorsi, di uscire dal vicolo cieco cui sono stati posti dalla messa ad esaurimento operata dalla Legge Moratti e dalle cosiddette corsie preferenziali introdotte in questo DDL a favore dei giovani Ricercatori a tempo determinato che potranno essere inquadrati nella fascia dei professori associati con meccanismi più celeri di quelli previsti per chi è già nel ruolo."



Senza sottilizzare sulla parola "ope legis" ora, sempre dalla proposta ufficiale, leggo:-

"La proposta consiste nella richiesta di inquadramento alla seconda fascia docente per tutti quei ricercatori che hanno fatto didattica certificata dalle facoltà (anche diverse e/o di diversi Atenei) per almeno sei anni (in analogia con l’impegno richiesto ai ricercatori a tempo determinato nel DDL) e che mostrano di essere attivi nella ricerca superando i requisiti minimi scientifici già definiti dal CUN e diversificati per area scientifica.
"

Quindi un giudizio di idoneità di "requisiti minimi", forse non uguale a quello che si intende "ope legis" nella 382 del 1980, ma comunque non un concorso, e che si tradurrebbe probabilmente nel passaggio del 90% dei Ricercatori.

L'idea si completa con l'introduzione di nuove curve stipendiali uniche per ricercatori e associati, che al costo di far crescere le curve dei ricercatori, farebbero risparmiare nell'introdurre la classe dei ricercatori a tempo determinato, che si immagina in larga parte entrerà nella categoria associati, su gradini inferiori della curva. Non so bene come si può quantificare il risparmio di una categoria che ancora non esiste e che quindi a maggior ragione non si può sapere con che numeri entrerebbe nella categoria associati con regolare concorso. Ma lasciamo perdere questi dettagli, o creo altra "irritazione".

A me pare che esista già una categoria di "associato" di serie B, e sono i professori "incaricato stabilizzato" (anch'esso ruolo in esaurimento), che sono solo una cinquantina ormai che, per un motivo o per l'altro, non hanno conseguito il giudizio positivo d'idoneità a partire dal 1982. Essi svolgono attività didattica al pari di un professore di II fascia, ma godono di una retribuzione minore.

Ora, l'introduzione della categoria "Ricercatori" segue storicamente l'unico vero tentativo, quello degli anni '60, di studiare la realtà internazionale e ancorarsi ai successi mondiali (ossia degli USA) guidata in Europa dalla Francia. Mi riferisco alla "Commissione d'indagine" formata da parlamentari, da pedagogisti e da esperti nel settore del lavoro e dell'organizzazione industriale. Questa trovò un sistema già in ritardo, ma si concentrarono sull'università, ed emersero "carenze gravissime non solo per quanto riguardava finanziamenti, edilizia, biblioteche, personale, ma anche forme organizzative. Contro la sola presenza della facoltà si proposero tre nuove articolazioni: i corsi di laurea, i dipartimenti e il dottorato di ricerca."

Da questo studio nacquero però riforme fallite, che in parte sono entrate a pezzi negli anni successivi, in parte si ritrovano nella Riforma Gelmini, e in parte sono state distorte in modo abnorme da applicazioni di "testi urgenti" e concorsi finiti ope legis ossia «per il dettato della legge», un'espressione giuridica oggi tanto mal vista ma che a rigori significa solo che l'azione compiuta è stata compiuta "perché lo dice la legge".

Notevole la Riforma progettata da Tristano Codignola, che mirava ad una vera Riforma dal profilo alto e complessivo, DDL612 che nemmeno oggi con la Riforma Gelmini torna dopo 40 anni in modo cosi' radicale -- la soppressione delle facoltà a favore dei corsi di laurea, e la delineazione del docente unico, che rispondeva ad una profonda domanda di democrazia che veniva dai sindacati confederali, ormai presenti, con specifiche articolazioni, non solo nel settore della scuola, ma anche in quello dell'università.

Il DDL, come oggi la Riforma Gelmini, passò la Commissione Istruzione del Senato, e alla Camera furono discussi ed accettati i primi 30 articoli. Ma forti resistenze avevano creato soprattutto la proposta del docente unico e l'abolizione della facoltà. Il PSI si sentiva il vero padre del progetto, ma fu respinto in Senato con i voti contrari della DC, PSDI, PRI e con la sola approvazione del PCI. Oggi viene a poco a poco realizzato in frammenti senza però la forza della globalità.

Interessante in particolare che grandi resistenze avevano creato soprattutto la proposta del docente unico e l'abolizione della facoltà, entrambe proposte che sono poi state accantonate, ma che stanno tornando di fatto di moda.


La legge 382 dell'11 luglio 1980, Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica fu invece un meditato compromesso tra le forze politiche, le confederazioni sindacali, raccoglie il suggerimento del Consiglio Superiore universitario del 1979 di una doppia fascia per i docenti e l'assorbimento in una terza da istituire di tutto il personale precario, i docenti in formazione, o ricercatori, oltre all'istituzione del dipartimento e del dottorato di ricerca.

Per qualche anno l'università italiana fu impegnata nel difficile compito di realizzare la 382 non solo per quanto riguardava i concorsi per ordinari, ma soprattutto per la nuova fascia degli associati e, a livello prevalentemente locale, dei ricercatori. Per i secondi era previsto il giudizio di una commissione nazionale, con tre possibilità di appello, in modo tale che le esclusioni dal ruolo furono estremamente ridotte. Si optò tacitamente per una scelta poco selettiva, gonfiando la seconda fascia di personale non sempre qualificato. Questo nel tempo avrebbe mostrato tutte le patologie di un reclutamento così massiccio non per concorso, ma ope legis. Il numero molto alto di associati, fra l'altro quasi tutti di un'età relativamente giovane, non creava alcun possibile turn over con i ricercatori, condannati nella maggioranza a restare tali nonostante qualificazioni scientifiche e didattiche.

In seguito, i concorsi da ricercatore hanno sempre avuto una caratteristica piuttosto "locale", per cui sono entrati parecchi ricercatori con valutazioni discutibili. Insomma, una categoria che non piace a nessuno, abusata nella durata, e che ha lascia scontenti parecchi per come è stata utilizzata. Tuttavia, quale soluzione mentre si esaurisce? Un ope legis per 26 mila ricercatori italiani oggi, non pare giusto, non pare percorribile, non pare possibile, nemmeno nel transitorio. Ai lettori giudicare quale soluzione sia possibile.


2) Quadro internazionale

Da wikipedia è facile rintracciare i sistemi più in voga nel mondo. I "Ricercatori" sarebbero equivalenti agli "assistant professor" in parte, ma come ricorda Wikipedia, normalmente l'Assistant Professor "does not usually serve to "assist" more senior faculty". Noi subiamo quindi un retaggio storico in Italia, dove prima della 382 esistevano queste figure precarie (Assistenti e Incaricati) che erano molto mal pagati e precari, quindi subivano una dipendenza totale dall'Ordinario.

Grosso elemento a favore dei ricercatori: "There is usually a strict timeline for application for promotion from assistant to associate professor - usually 5 or 6 years following the initial appointment."

Quindi, come nello spirito della 382, che inquadrava nella categoria dei "docenti in prova" i Ricercatori, non si dovrebbe esserlo a vita. Non ha senso una prova a vita, anche se la Conferma da diritto al ruolo a vita.

In genere in effetti il passaggio ad associato "coincide" con la "tenure" ossia la conferma, per cui oggi i ricercatori potrebbero chiedere a posteriori, avendo tutti passato la conferma, di passare ad associati, ma questo ha il sapore dell'automatismo, anche se condito dalla verifica di "requisiti minimi". Non mi pare corretto per es. verso chi ha passato un vero concorso. Da questo punto di vista, la conferma infatti si è data in italia quasi a tutti, mentre il passaggio ad associato, teoricamente solo ai meritevoli.

Nel resto del mondo, la conferma non è automatica, coincide con il passaggio, ed è un processo più serio ed articolato di entrambi. Questo si potrebbe fare in Italia, ma nessuna proposta attualmente lo considera. "Tenure and promotion from assistant to associate levels is made at numerous levels, with a common sequence being: 1) external reviewers—several high-profile researchers will be asked to review the candidate's application for promotion and will submit a confidential report; 2) based on this report and letters provided by members of the university, a subcommittee of members from the candidate's department will make a recommendation for tenure/promotion or denial of such; 3) the department will vote; 4) the department decision is communicated to a university panel of individuals from outside of the department who evaluate the application and decide whether they agree or disagree with the departmental recommendation; 5) the dean; 6) the board of governors/president or other upper level governing body.


Il passaggio successivo a Full Professor invece non è sempre usuale, ma per la maggior parte si, anche se non sempre dopo i 5-6 anni come nel passaggio da Assistant ad Associate: "most will apply for the final promotion to full professor; the timeline for making this application is more flexible than that for assistant to associate positions and the associate professor does not normally lose his/her job if the application is rejected."

La promozione da associate a full comporta anche qui un lungo processo, "requires that the individual has maintained an active research program, and excellent teaching, in addition to taking a leadership role in important departmental and extra-departmental administrative tasks. Full professor is the highest rank that a professor can achieve (other than in a named position) and is seldom achieved before a person reaches their mid-40s. The rank of full professor carries additional administrative responsibilities associated with membership on committees that are restricted to full professors."

Ricapitolando:
* Assistant professor: An introductory level professor. A position generally taken after receiving PhD and/or completing a post-doctoral fellowship. After 4–8 years, assistant professors will be either tenured or dismissed from the university.
* Associate professor: A mid-level, usually tenured, professor.
* Professor (sometimes referred to as "full professor"): a senior, tenured professor.
* Distinguished professor / endowed chair (e.g., "the John Q. Smith Professor of Physics"): An honorary position in which a full professor's salary is increased by being tied to an endowment derived from the university, private individuals, firms, or foundations.

Da notare come interessante l'istituzione in Germania dello "Junior Professor" che ha notoriamente mantenuto molto più a lungo il sistema pre-68, con delle Università che sembrano ancora rette da un solo cattedratico per "Istituto", forse senza aver fatto i troppi danni del sistema italiano, con una promozione persino troppo dura, che pero' permette ricircolo di menti tra industria o l'estero e accademia, prima di stabilizzarsi. Quindi nel 2002 l'abolizione dell'equivalente della "libera docenza" o abilitazione, viene 30 anni dopo l'equivalente italiano (ma con la grossa differenza di avere in aggiunta il titolo di dottore di ricerca a disposizione da molto tempo in Germania). Lo "Junior-Professor" ha proprio i 6-anni previsti dal Ricercatore a Tempo determinato -- e dovrebbe permettere un rinnovamento via un "fast-track for the best", che poi potrebbero entrare come professori, ma che al momento in Germania non avrebbero posizioni cosi' a lungo. C'e' un grande dibattito, e il "main criticism" (ma anche una grande virtù, impensabile in Italia) è che ora i Junior Professor si immagina faranno domanda in altre Università e non quella di appartenenza, differentemente dal modello di tenure-track USA.

Da notare che questo tema è completamente assente dal dibattito italiano. Nessuno pensa, nemmeno la Gelmini, di mettere un tale freno alla conferma o al passaggio di Ruolo, e quando Berlinguer lo aveva inserito nella sua Riforma (insieme alle commissioni con membri internazionali) sappiamo che fine ha fatto, con la trasformazione/degenerazione della sua riforma nei concorsi più localistici e provinciali della storia dell'Università Italiana, che Perotti ha forse giustamente chiamato "il trionfo del cretino locale".

Da notare che queste posizioni in Germania ora non vengono più viste con favore dalle Università, e meglio vedere le pagine in tedesco per chi ha interesse.

Insomma, il nostro dibattito potrebbe respirare di più, volare più alto, e guardare all'estero, una volta per tutte. Per ora, si parla sostanzialmente di "ope legis" da un lato, e di forme di precarietà senza veri virtuosismi dall'altro. Un quadro sconfortante. Con il rischio che alla fine si creeranno solo ulteriori promozioni "a posteriori", riforme parziali, figure intermedie, ma non si avrà il coraggio di prendere il "toro per le corna".

3 commenti:

  1. Purtroppo, non si vuole mai prendere il Toro per le corna , non solo per la figura dei ricercatori ma per la riforma dell'intero sistema Università.

    RispondiElimina
  2. e si e' proprio cosi' caro Rotondo. Cosi' dice anche Graziosi nel suo libro. E quanto e' peggio e' che con la Gelmini temo faremo la prima riforma organica, ma assolutamente blanda. M

    RispondiElimina
  3. Assolutamente daccordo. Ma da ricercatore devo dire che c'è sempre l'atavico e in fondo umano timore di rimanere "al palo", peggio di non essere più messo in condizione di fare ricerca. Aggiungo che il ruolo del ricercatore è sempre rimasto in fondo assai nebuloso, ovvero non ne sono stati mai definiti con chiarezza i doveri, a parte quello generico di "fare ricerca". Si aggiungano le immissioni in massa "ope legis" degli anni novanta, che hanno saturato i ruoli con personaggi in molti casi dai curricula assai discutibili. Bisognerebbe effettivamente riformare l'intero sistema Università, definendo una volta per tutte oragnizzazione, ruoli, progressioni di carriera e tempistica. In fin dei conti il sottoscritto, ad esempio, desidera solo sapere di che morte deve morire

    RispondiElimina