Circa un anno fa, durante le fasi calde della discussione sulla Riforma Gelmini, e le conseguenti proteste specie da parte dei Ricercatori, mi volli cimentare in un intervento che sottolineasse la necessita` di meritocrazia, parola talmente abusata,che e’ ormai forse megl io abbandonare. Sottolineavo tuttavia che persino nelle piu` rigide e severe migliori Universita’ USA (come MIT) almeno il 50% degli Assistant Professor viene « confermato », senza calcolare che esiston tutta una serie di altre possibilita’ di lavoro, a cascata in altre universita’. Quindi, dicevo anche che passare da un sistema di Ricercatori, Professori Associati e Ordinari tutti a tempo indeterminato e con conferma quasi automatica (ma con promozione incerta, e spesso fonte di tanti problemi), ad un sistema in cui solo i Ricercatori diventano a tempo determinato, quindi con conferma per nulla assicurata, mi pareva una soluzione non ottimale,esageratamente precariezzante per le nuove leve, e proponevo una soglia minima di « conferme » garantite. Creai molta reazione da parte dei ricercatori, che colsero solo una critica della loro protesta. Io ingenuamente difendevo una categoria non protetta, quella delle nuove leve che entrano nell`Universita’, e queste, per definizione non essendo organizzate, ne` rappresentate, non mi hanno letto ne` appoggiato.
Oggi, conoscendo la professionalita’ del nuovo Ministro, e la attenzione che il nuovo governo, composto in larga parte da docenti universitari, dovrebbe porre, mi permetto di dare qualche spunto, forse ancora ingenuo, tornando sul tema, specie in vista delle attuazioni di molte novita`, specie nei concorsi. Dico subito che non entro nel merito delle proposte della agenzia ANVUR di definire dei parametri oggettivi per rendere idonei nei prossimi concorsi solo i "migliori" definiti sulla base della produzione media nel settore disciplinare di riferimento, che in linea di massima mi sembrano condivisibili (Molto meno si e` discusso di come definire quale dei docenti tra vari settori e` meritevole di promozione, che pure e` un problema di forse maggiore importanza).
Dal punto di vista del reclutamento, si sa che la categoria dei Professori Universitari in Italia e' molto anziana, e oggi un problema e' quello della sua sostituzione, che tuttavia e' frenata per ora da blocchi del turnover al 20%. Molta attenzione e` stata attirata a se dai Ricercatori, che hanno a lungo protestato per la loro situazione « precaria » con la messa in esaurimento della categoria del ricercatore a tempo indeterminato. A valle della protesta, hanno strappato la promessa di 4500 posti da associato : non pare definito se questo avverra` subito, e se tale numero sia in esubero rispetto al blocco del turnover o meno. Questo sforzo come « una tantum ». La messa in parallelo e' in realta' abbastanza strumentale, perche' se e' vero che la legge 382 del 1981 che ha creato la figura del "ricercatore" a molti non piace, specie tra chi non ha fatto carriera per un motivo o per l'altro, e' anche vero che non piace nemmeno a chi vuole rendere l'entrata nell'universita' meno rigida, in un verso o nell'altro. Tuttavia parlare di precarieta’ mi pare errato, ed esagerato.
Probabilmente andrebbe fatta una proposta ad hoc per i vari problemi che non sono sovrapponibili. Se nei prossimi 5 anni andranno in pensione quasi la meta` dei docenti attualmente in servizio, il blocco del 20% significa al massimo 6000 nuove entrate, e chiaramente fa differenza se queste 6000 sono incluse nelle 4500, o incluse. Anche nella ipotesi migliore, 10mila nuovi docenti, non basteranno a coprire che 1/3 della fuoriuscita. Questo, tenendo conto che non vi e' flessione del numero di studenti, pare un problema.
Tuttavia, oggi nell`universita`, come in tanti settori, il rischio e' che si decidera` sulla base dei desiderata di chi gia` e` dentro, ed e' rappresentato dai sindacati, e puo` bloccare immediatamente il funzionamento . Ma non e` forse questo un meccanismo perverso che ha creato oggi una grande ed eccessiva disparita` tra i privilegi di una generazione che peraltro li ha ottenuti anche con grandi debiti pubblici, e le troppe difficolta` delle nuove generazioni, che sono conseguenza proprio di quei debiti pubblici ?
In particolare, alcune riflessioni preliminari:
1) molti dei ricercatori entrati con la 382 (o anche associati, in totale quasi 30mila docenti passarono) sono oggi anziani, almeno 60enni, e a questi solo una "macchina del tempo" potrebbe restituire una carriera brillante, ammesso che la meritino. Se oggi cercano una riabilitazione, non e' usando questi 4500 posti per loro che si risolverebbe granche', anzi ci troveremmo domani con lo stesso problema, amplificato nelle altre categorie. Inoltre, molti di loro dovranno pure ammettere che hanno avuto un posto che oggi molti sognerebbero, e che andranno in pensione a stipendio intero che i neo entrati, con la forma a tempo determinato, non avranno nemmeno al 50%.
Si da il caso che promuovere gli anziani peraltro e` una soluzione a costo nullo per l`universita`, visto che con la ricostruzione carriera, in pratica si raggiunge prima il pensionamento che uno stipendio piu` alto. Cui prodest quindi?
2) chi e' meritevole come nuova leva (ma anche come associate), per effetto di questa "infornata" ad hoc per i ricercatori, e’ anche giusto che non sia troppo penalizzato (un nuovo effetto debito pubblico)
3) come assicurare una nuova ondata fresca, magari anche dall`estero? Ci sono giovani che lavorano all'estero. E non parlo di presunti « grandi cervelli », i cui tentativi di rientro sono tutti falliti, e che magari all’estero ci restano tranne rare eccezioni. Parlo di ragazzi brillanti la cui formazione comunque e' costata centinaia di migliaia di euro allo Stato Italiano, e ora si trovano a fare i ricercatori all'estero, non sempre felici di restare a lungo. Tuttavia, certo non potrebbero tornare con un posto da ricercatore a tempo determinato. Dovendo scegliere tra le varie precarieta', molti temo sceglierebbero l'estero.
4) se ANVUR e i criteri bibliometrici paiono aver introdotto dei paletti all`interno dei singoli SSD, nulla si puo` dire per come vengo scelti i nuovi posti da assegnare nelle varie universita`, che peraltro restano le sole che chiamano gli "idonei" in servizio. Potrebbe presentarsi in futuro il problema di tanti idonei che non vengono chiamati, e allora a nulla sara` valso lo sforzo dei criteri ANVUR. E' e` sbagliato lasciare queste scelte completamente all`autonomia locale, che spesso puo` essere influenzata da aspetti parzialmente paradossali, come la dominanza di alcuni settori. Le « scuole » in parte producono ottimi nuovi ricercatori, ma in altra parte, tendono a saturare i vari dipartimenti con repliche ridondanti ed eccessiva concentrazione di sapere in una sola disciplina.
Perche' non pensare quindi anche ai giovani, alle categorie meno protette, e creare meccanismi differenziati e virtuosi, quali per esempio:
1) assegnare una promozione in concomitanza con l`andata in pensione, come si fa con i militari
2) assegnare un numero di posti congrui e predeterminati, e non solo prevedere questa ondata di 4500 posti da associato, disgiunta da qualsiasi altra programmazione
3) non dare meccanismi di posti riservati solo a chi e' gia' in servizio in italia, ma dare eguale valore al servizio prestato all'estero, o persino una riserva separata
4) per la scelta tra i vari settori, creare un percorso di accelerazione carriere in base ad uno screening a priori dei CV, come fu fatto proprio dal rettore Profumo in via sperimentale al Politecnico di Torino.
Grato dell`attenzione, porgo distinti saluti dall`estero!
Michele Ciavarella