mercoledì 7 aprile 2010

Grande prova di virtuosità della II facoltà di Ingegneria di Taranto del Politecnico di BARI --- speriamo che qualcuno da lassù ci premi!

Elaborazione di mio intervento e del resto del CdF del 7 Aprile a Taranto

Visto che, obtorto collo, ho assunto un ruolo di informazione per gli studenti, le famiglie, e i simpatizzanti della Facoltà di Taranto, con il gruppo TUTTI UNITI X NON CHIUDERE I CORSI DELLA FACOLTA' DI INGEGNERIA DI TARANTO! che ha raggiunto in poche ore dalla creazione a Pasquetta il considerevole numero di oltre 600 iscritti, finora, riporto il mio intervento in CdF con qualche commento. Iscrivetevi comunque all’indirizzo
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Alla presenza del Magnifico Rettore, del nuovo Direttore Amministrativo, dell’Assessore della Regione Puglia Prof. Barbanente e della maggior parte dei docenti della II facoltà, nonché dei rappresentanti studenti anche della I facoltà, si è tenuto oggi 7 aprile un acceso e molto approfondito dibattito sul futuro della ns Facoltà, alla luce delle recenti Riforme. Le Riforme, cominciate con la Riforma Berlinguer nel 1990 (3+2) contestualmente con la creazione sia della II Facoltà sia del Politecnico stesso, cercavano inizialmente di risolvere i problemi atavici dell’Università Italiana , ossia una bassa percentuale di laureati nel Paese (tra le piu’ basse in Europa, pari a circa la metà della media Europea), un gran numero di abbandoni, e un età media altissima dei laureati. Oggi siamo a 12.2 della popolazione laureata, mentre in Canada c’e’ il 38%, in USA il 25.9%, e la media Europea e’ al 18.6. Quindi siamo piu’ o meno al livello di 20 anni fa, chissà cosa sarebbe successo se non fosse avvenuta la Riforma Berlinguer, e chissà cosa succederà ora che, con questa “Razionalizzazione”, si vuole tagliare sulle 300 sedi periferiche che comunque raccolgono grande parte della popolazione che sarebbe andata via, magari all’Estero (oggi gli studenti italiani all’estero sono ben 60 mila (dati Fondazione MIGRANTES, riportati su CorSera del 3 Febbraio 2010), su totale italiano di 1.8 milioni, ossia il 3%, confrontabile con il dato delle Università Private italiane, intorno al 5%). Si stanno agevolando forse le Università Private, che ovviamente costano in genere 10 volte piu’ delle Pubbliche, e anche le Università straniere, circa in egual misura? E chi se ne avvantaggia? Solo pochissimi fortunati.

Oggi queste riforme, continuate con la 270 del 2004 meglio regolata definitivamente dalla 544 del 2007, hanno avuto una rapidissima accelerazione con la “nota 160” del Settembre 2009 cui doveva seguire una versione di “legge” che tuttora manca (caso quasi senza precedenti come ha ricordato il Magnifico Rettore), anche se a fine Gennaio, a pochi giorni dalla scadenza dell’approvazione degli Ordinamenti Didattici, è stata ulteriormente “rinforzata” da “pressioni” (sempre tuttavia non di legge) per cui chi non si adegua sarà svantaggiato nelle prossime ripartizioni del FFO, che ha visto nel settembre 2009 tanto malcontento per la “classifica Gelmini” delle Università Virtuose, classifica fatta “a posteriori” su indicatori solo in parte affidabili e meritocratici.

A fronte dell’accelerazione del Gennaio, a “ordinamenti” già approvati, ci siamo trovati come II facoltà ad avere un deficit di “Garanti”, in parte dovuto all’attivazione delle Lauree Magistrali di nuova Attivazione, per cui oggi ci sarebbe un deficit di pochi garanti (ca. un 8%) per poter mantenere l’offerta formativa.
Questi vincoli sempre piu’ stringenti e complessi da seguire (la raccolta più completa è stata fatta dalla Società di Chimica Italiana e la mailing list UNILEX, 283 pagine, http://sci-list.ing.unitn.it/1905-7.pdf!), promossi dal Ministero come “vincoli di razionalizzazione dell’offerta” con l’ipotesi maliziosa di una tendenza delle Università Statali a riprodursi e gemmarsi in mille corsi uguali e non necessari, sono invece per la II facoltà e per tante altre realtà, proprio il ns tentativo estremo di ampliare il bacino di laureati in vista delle medie Europee. Vorremmo essere creduti!

Tutto ciò mette a dura prova la macchina amministrativa, la docenza, e infine la popolazione studentesca, fino a raggiungere ora i toni del parossismo burocratico, cui la II Facoltà ha dato grande prova di spirito di sacrificio e di devozione, cercando di salvare il “salvabile”, per continuare la Sua nobile missione di fornire a basso costo di cultura tecnica una realtà che ne ha grandissimo bisogno quale il territorio di Taranto.

La II Facoltà inoltre, con il significativo e generoso appoggio del Magnifico Rettore, che ha garantito il massimo impegno in futuro, vuole tuttavia cogliere l’opportunità seriamente e propone persino di ridurre ulteriormente l’offerta in 2 soli canali privilegiando l’eccellenza raggiunta negli ultimi 20 anni e le realtà di fondamentale rilevanza strategica per il territorio.
Quindi, con uno slancio davvero rimarchevole, ha proposto un auspicio nei prossimi ordinamenti ossia di auto-ridursi nel numero di corsi di laurea anche aldilà delle norme vigenti e prevedibili, ossia proponendo 2 soli percorsi completi (3+2):

1) Un corso di Civile-Ambientale
2) Uno di “Industriale” orientato verso il distretto Aerospaziale,
Entrambi aperti a corsi interfacoltà e persino Interateneo, dando cosi’ prova di grande spirito di sacrificio e apertura mentale, che speriamo sia colto dalla I facoltà, dalla Facoltà di Architettura, e dal Ministro Stesso, nel momento in cui si dovranno valutare le nuove “virtuosità”, e le altre realtà del Politecnico dovranno supportarci in queste modifiche radicali.

Una cosa valutata dal Consiglio è stata quella di chiedere una “Proroga” dati i tempi strettissimi di cui non si capisce la logica, per poter consegnare un progetto veramente strategico, nel rimandare tutto alle modifiche degli ordinamenti dei corsi di laurea, ossia a Gennaio dell'anno prossimo, facendo qualcosa di serio, lasciando ai Rettori il tempo di ritrovare orgoglio e coraggio di scelte difficili, come quelle di chiudere dei corsi, o riorganizzarli in chiave moderna.
Tuttavia, questa proposta (partita proprio dai Proff. Ciavarella e Liberti) è stata ritenuta troppo “avventurosa”, dovendo il percorso richiedere forse una lettura dal CUN e potendo risultare troppo in “contrasto” con le attuali direttive.

Non possiamo tuttavia ancora, credo, far pagare sempre gli studenti per gli errori e i ritardi dei docenti e degli ammministrativi e e “furia normativa” e dei Ministri e dei Governo.

D'altronde pero’, uno sforzo di concretezza dovrebbero farlo anche gli studenti per capire che non esiste “l'erba voglio” e che dovremo aumentare le tasse almeno differenziando fortemente per scaglioni di reddito e con esoneri totali per i meritevoli e bisognosi, un po’ come in USA, sia nella versione tradizione, sia in quella innovativa che sta portando avanti il Presidente OBAMA in questo stesso mandato. Non si puo’ credere che gli studenti non sappiano che in USA uno studente si indebita per 10 anni, ossia paga con 10 anni di stipendi successivi, ma sa che ne vale la pena, mentre in Italia non vale la pena laurearsi ormai nemmeno alla Bocconi. Lo dimostrano in particolare
Per questi motivi io personalmente mi sono astenuto, insieme con la Prof. Barbanente ed altri, perché “frastornato” da tanta confusione. Alcuni sono stati contrari, mostrando la sofferenza della decisione.
Risulta difficile non credere alle voci che vorrebbero la vera ispirazione delle Riforme in atto come un voler colpire pesantemente le Università Pubbliche (anche a rischio del fallimento dell’obiettivo di aumentare il numero di laureati e quindi della cultura tecnica del Paese, che e’ l’unica speranza per restare tra i Paesi Sviluppati). Infatti, nell’inchiesta recente di La Repubblica "Esami facili, prof fantasma - com'è facile la laurea online" (http://www.repubblica.it/scuola/2010/04/02/news/universit_telematica-3078781/) si denuncia come le Università telematiche hanno infatti l'università GIUSTINO FORTUNATO, che a fronte di una necessità di 222 GARANTI, ne ha solo 42 (alla faccia della legalità! Ossia quasi uno su 6 del necessario?). Noi del Politecnico di BARI, II facoltà di Taranto, abbiamo chiuso dei corsi solo perche' ne abbiamo una carenza del 8%, non del 75% !

Siamo virtuosi, e lo vogliamo essere riconosciuto.

Altri dati che ho fornito riguardano le questioni generali su cui sollecitavo la riflessione:
1) Immigrazione di cervelli - - in Italia solo 1.3 % degli immigrati sono laureati (dati OECD 2005), mentre in USA sono il 42.4%, peggio di noi solo Irlanda Polonia e Messico nei paesi OECD!
2) La realtà produttiva della Puglia mette a dura prova i laureati, visto che 10mila se ne vanno (dati ricerca IPRES pubblicati su Repubblica del 5 Marzo 2010). Questo vuol dire aprirsi di piu’ agli studenti lavoratori, cosa che dovremmo fare come ha fatto Università di Bari l’anno scorso avendo un aumento del 700% di iscritti con tale modalità.

Con ringraziamenti al Magnifico Rettore per la grande sensibilità mostrata, un augurio perché le altre realtà del Politecnico (I Facoltà, Fac. Di Architettura) colgano questo segnale, e un auspicio che gli iscritti dell’anno prossimo non diminuiscano, anzi aumentino vista la grave crisi specie nel territorio tarantino, che proprio giorni fa ha annunciato 800 nuovi cassintegrati della ditta multinazionale Telepromotion, di cui alcuni miei studenti. E che vorrei tutti far iscrivere per coltivare la speranza di un futuro migliore, con maggiore competenza tecnica, forse (ahimè) non necessariamente a Taranto, ma anche nel mondo, come già alcuni dei miei migliori allievi hanno fatto!



Prof. Michele Ciavarella
Politecnico di BARI
V.le Gentile 182
70125 BARI, Italy
tel+390805962811 fax+390805962777


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Appendici --- da Lorenzo Beltrame. Realtà e Retorica del Brain Drain in Italia.
http://www4.soc.unitn.it:8080/dsrs/content/e242/e245/e2209/quad35.pdf

Tab. 1 mostra il numero di stranieri altamente qualificati in alcuni paesi OECD, la percentuale di attrazione di cervelli, il numero di espatriati laureati di questi paesi, il saldo e il rapporto di cambio, ovvero un indicatore che misura, per ogni cervello che esce, quanti cervelli entrano. USA, Canada, Germania, Australia e Regno Unito sono i paesi che attirano più cervelli, ma mentre ne-gli USA per ogni emigrato entrano circa 20 immigrati qualificati, nel Regno Unito questo rapporto è quasi di parità. Tra i paesi a saldo negativo, come Giappone, Olanda, Italia, Irlanda, Messico e Polonia, i primi due hanno un rapporto di parità, per Italia e Irlan-da, invece, per ogni cervello che entra ne esce circa uno e mezzo, per il Messico invece, per ogni cervello che entra ne escono più di cinque, per la Polonia più di tre.

Sulla stampa quotidiana, quando si parla di fuga dei cervelli, spesso compaiono stime del fenomeno. Queste stime, che variano notevolmente tra loro, non vengono mai accompagnate dalla fon-te da cui sono tratte. Su Repubblica [21 novembre 2003] si parlava di 12.000 ricercatori che emigrano ogni anno, il 10 maggio del 2006, secondo il rettore del Politecnico di Torino, questo numero era salito a 30.000, con un ingresso di 3.000 stranieri [Repubblica, 10 maggio 2006]. Sul versante opposto, cioè nell’ottica di ridimen-sionare la fuga, il viceministro Guido Possa27, aveva sostenuto che non si potesse parlare di fuga dei cervelli perché: «ogni anno le no-stre università sfornano 150mila laureati. Quelli che vanno all’este-ro e vi restano definitivamente sono tra i 150 e i 300. Significa l’1-2 per mille. Come vede, il problema non esiste» [Il Resto del Carlino, 27 Ottobre 2002].
I dati di Docquier e Marfouk [2006] ci dicono che in Italia il tasso di espatrio (livello di drenaggio) si attestava, nel 2000, al 7%, valore che colloca il brain drain italiano ad un livello medio basso. La tabella 2 riporta i tassi di espatrio per alcuni paesi europei e per Canada e Stati Uniti, nonché le medie di alcune zone del mondo, tra cui quelle dove vi sono i paesi con tassi molto elevati. L’Italia non sembra presentare una situazione di brain drain molto dram-matica, dal momento che il livello di drenaggio è più basso delle medie europee e molto lontano da quello di zone del mondo dove si registrano paesi con livelli di drenaggio che superano il 50% (nei Carabi, ad esempio, Giamaica e Haiti sono sopra l’80%).

I dati di Docquier e Marfouk [2006] indicano però che, per quasi tutti i paesi del mondo, il livello di espatrio tra i lavoratori qualificati è più alto del tasso di migrazione generale, a prova che le migrazioni qualificate hanno un effetto di drenaggio maggiore. Un simile dato è compatibile con altri studi. Becker S.O. et al. [2001], lavorando sui dati dell’Anagrafe degli italiani Residenti al-l’Estero (AIRE), hanno calcolato che nel corso degli anni ’90 il livello di capitale umano (misurato in anni di istruzione) degli emi-grati è andato aumentando. Per cui anche se il livello di drenaggio è diminuito, coloro che emigrano sono sempre più qualificati e so-no relativamente più istruiti di coloro che rimangono28 [Becker S. O. et al. 2001]. Dato che Saint-Paul [2004] rileva per i principali paesi europei. I dati OECD stimano che la percentuale di laureati tra gli italiani negli altri paesi OECD è del 12,4% (circa 300 mila individui).

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