sabato 31 agosto 2013

le contraddizioni di ANVUR -- ci sono i veri dati bibliometrici per fare le classifiche "buone" o no??

Non ho capito se ANVUR ha fatto valutazione globale non limitata a tre lavori quando si vanta di aver fatto accordo con ISI thomson-reuters.

http://www.sacbee.com/2013/08/28/5690399/thomson-reuters-collaborates-with.html

Nella parte III del rapporto finale VQR l'ANVUR analizza produzione italiana globale ma non disaggrega per ateneo.

http://www.anvur.org/rapporto/


http://www.anvur.org/rapporto/files/VQR2004-2010_RapportoFinale_parteterza_ConfrontiInternazionali.pdf


Anche il RAE inglese è limitato a 4 lavori. È una scelta (che si può discutere) il cui scopo NON è incentivare la produzione di lavori di qualità piuttosto che l'inflazione bibliometrica. Lo scopo e' solo il TERRORE di fare piccoli errori, o rendere il lavoro troppo oneroso o. impossibile. Infine, di rendere omogeneo il trattamento dei lavori nei settori non bibliometrici.

Per quanto riguarda i dati disaggregati, non è banalissimo ma io credo che esistano e ANVUR non li mostri per mancanza di trasparenza (contraddicono le classifiche ANVUR?) o , molto ottimisticamente, perchè li mostreranno a fine anno (hanno promesso un rapporto più completo).



Intanto, io avevo mostrato che la "classifica" come elaborata in varie forme da ANVUR era in fortissima contraddizione con i dati di Scholar Search di G. Cesareni. Si veda http://rettorevirtuoso.blogspot.it/2013/08/un-breve-intervento-puntuale-sulle.html

e http://rettorevirtuoso.blogspot.it/2013/08/lanno-scorso-feci-con-alcuni-amici-di.html


Attendiamo lumi da ANVUR...







Saluti
Michele Ciavarella

il nuovo rettore rinunciera' alla sua indennita' di carica?


Nessuno dei Candidati al Poliba ne ha parlato!!!

vogliamo saperlo prima, se possibile....

MC

da espresso di questa settimana...



dal piano varato dall’ex ministro Mariastella Gelmini). «Arriveranno», assicura la senatrice Puglisi: «Il premier Letta in persona
si è impegnato per far sì che non scompaiano i contributi statali». «Speriamo», replica
l’assessoreTargetti: «Se il ministero non
interverrà sarà un disastro». Ma la risposta
alla crisi arriva anche dagli stessi atenei.
Attraverso gesti “grillini” come quello del
neo-rettore dell’Università di Trieste, Maurizio Fermeglia. Prima dell’estate ha dichiarato che lui e il suo staff, quindici persone,
si autoridurranno lo stipendio del 20 per
cento. I risparmi? Andranno tutti in borse
di studio. Una lezione concreta di diritto
costituzionale.



FUTURO TAGLIATO. Che succede? Che le Regioni riducono i fondi, banalmente. Lo fanno
seguendo l’esempio dello Stato: se il governo
Letta non interverrà, dall’anno prossimo gli
investimenti diretti di Roma passeranno da
103 a 13 milioni di euro. Il 90 per cento in
meno. Una decisione che potrebbe demolire
il futuro di migliaia di persone. Tutto mentre
altri Paesi fanno scelte illuminate: in Spagna,
Germania e Francia, proprio per fronteggiare la recessione, gli stanziamenti per il diritto
allo studio aumentano. Hollande ha appena
annunciato un ennesimo incremento dei
sussidi, grazie a 120 milioni di euro in più
assegnati all’istruzione. Il confronto è impietoso: da Aosta a Canicattì ottiene una borsa
solo il 10 per cento degli iscritti all’università,
contro il 30 di Parigi. Oltralpe per aiutare “i
meritevoli” a proseguire gli studi si spendono
quasi due miliardi di euro. Da noi governo e
Regioni hanno tolto in due anni cento milioni: erano 492 nel 2010, sono precipitati a 392
l’anno scorso.
GIOvAnI eSOdATI. Il mal di borsa è sempre più
acuto in tutta Italia: in media riesce ad ottenere un contributo solo il 67 per cento di chi
ne avrebbe diritto, per reddito e costanza
negli studi. Nel 2010 era l’84 per cento. In sei regioni ormai non si raggiunge nemmeno
la metà delle risposte: Piemonte, Campania,
Calabria, Abruzzo, Umbria e Liguria sono
tutte al di sotto della soglia psicologica del 50
per cento. Ma anche in Sicilia o in Molise
ottiene il sussidio solo uno studente su due.
Agli aspiranti laureati non resta così che andare altrove: 38 mila ventenni siciliani hanno
scelto di studiare lontano dall’isola, partecipando a quella che in molti definiscono la più
grande emigrazione dopo quella novecentesca di chi andava alla ricerca di occupazione.
«A diciott’anni mi sono trasferita a Milano
per frequentare sociologia», racconta Anna:
«Sapevo che era una delle facoltà migliori e
che in Lombardia avrei potuto ottenere una
borsa. Ho fatto subito richiesta: il mio reddito non supera i 13 mila euro all’anno, rientravo pienamente nelle condizioni. Ma era il
2011: l’anno dei primi tagli anche in pianura
Padana. Sono risultata “idonea” ma non
beneficiaria: non c’erano soldi sufficienti per
tutti, e l’ho scoperto a dicembre. Ho stretto
la cinghia per un po’: nei dormitori dell’ateneo pagavo solo 180 euro al mese d’affitto.
Ma nel 2012 la situazione è peggiorata: 250
euro per un letto, niente più servizi come lavanderia o trasporti. Non potevo permettermelo, e sono tornata in Sicilia. Ma non rinuncio al mio sogno: proverò ad andare a Siena,
dove mi dicono che ci sono più chance».
MODELLO TOSCANO. Sono in tanti a fare
rotta sulla Toscana: insieme al Trentino AltoAdige e alla Basilicata è una delle sole tre regioni che riescono ancora a tutelare tutti
quelli che hanno bisogno. Non solo: negli
ultimi due anni ha aumentato gli investimenti, arrivando a mettere in tasca un sussidio a
duemila universitari in più (oggi sono quasi
12mila), oltre a mense, alloggi e abbonamenti anche per chi supera il reddito previsto.
«Piuttosto che tagliare sul diritto allo studio
vendiamo i palazzi della Regione», dichiara
combattiva Stella Targetti, vicepresidente
della giunta con delega all’Istruzione: «Abbiamo il dovere costituzionale di restituire ai
ragazzi quello che incassiamo con le tasse».
Gli effetti si vedono: a Siena metà degli iscritti arriva da altre regioni. “Esodati” come
Anna alla ricerca della loro occasione.
iO pAgO. Per garantire nel 2013 a 127 mila
universitari meno abbienti un gettone con cui
pagarsi corsi, casa, libri e da mangiare serviranno oltre 400 milioni: un assegno personale di circa 3.200 euro, in media, per un anno.
I fondi arriveranno come sempre da tre
strade: la cassaforte statale, quella che rischia
di ridursi al lumicino; gli investimenti regionali; e infine il tesoretto della “tassa di scopo”
per le borse di studio, un obolo che ogni
studente è costretto a pagare per rimpolpare
i diritti suoi e dei suoi compagni d’ateneo. Un
principio nobile, in teoria, per cui chi è già in
corso aiuta chi vorrebbe laurearsi e non se lo
può permettere. «Ma nella pratica le borse di
studio finiscono per reggersi solo sulle tasche
degli universitari», denuncia Alberto Campailla, portavoce dell’associazione studentesca Link: «Per noi gli impegni aumentano,
mentre per governo e regioni diminuiscono».
Tutto vero, dati alla mano. L’anno scorso
il dazio sborsato dagli immatricolati è raddoppiato praticamente dappertutto. «È stata
una decisione imposta dall’alto», racconta
Crescenzo Marino, direttore generale
dell’Ente per il diritto allo studio della Puglia:
«Qui è passato da 77 a 140 euro circa, cifra
standard in tutto il Paese. Gli studenti giustamente erano inviperiti. Abbiamo quindi
preso un impegno: se per loro aumentavano
le tasse, anche noi avremmo raddoppiato lo
sforzo». L’hanno fatto: i milioni destinati ai
sussidi nel bilancio regionale sono passati da
4,6 a 9,5 in un anno, anche grazie ai contributi europei, e le risposte positive sono balzate negli ultimi mesi dal 50 all’80 per cento.
Un gesto condiviso da pochi.
REgiONi AViDE.Nel Piemonte di Roberto
Cota, nella Lombardia di Roberto Maroni
e nella Liguria di Claudio Burlando i soldi
del Palazzo sono praticamente scomparsi: i
sussidi si reggono tutti sul governo nazionale e sui portafogli dei ragazzi. Torino è
stata addirittura costretta a restituire agli
studenti due milioni di euro: i collettivi
universitari si erano accorti che sommando
l’obolo ai contributi statali si sarebbero
dovute pagare molte più borse di quelle
effettivamente distribuite. Il Tribunale ha
dato loro ragione, stabilendo che gli esclusi
venissero subito risarciti. In Campania «le
tasse universitarie sono raddoppiate ma
dagli uffici non arrivano nuove risorse»,
denuncia Angela Cortese, consigliere regionale del Partito democratico: «E oltre alle
borse, poche, non si migliora niente: né alloggi, né mense, né trasporti. Ci vantiamo
di avere la popolazione più giovane d’Italia.
Poi però questa gioventù non la curiamo, e
scappa», come dimostrano i 37 mila transfughi negli atenei più distanti da Napoli.
QuESTiONE Di STATO.Ogni Regione fa a
modo suo, insomma. E non solo nello scegliere se e quanto scucire. «Anche i regolamenti sono diversi», racconta FedericaLaudisa, ricercatrice, esperta di diritto allo
studio e consulente di diversi istituti in tutta
Italia: «In Lombardia ad esempio conta il
voto di maturità, anche se la legge non lo
prevede. In Emilia Romagna sono arrivati
a creare dei “diritti retroattivi”: se uno
studente non fa abbastanza esami perde la
borsa per quell’anno ma anche per quello
precedente». Le disparità così aumentano,
complice anche la differenza nel tetto massimo di reddito per rientrare nelle graduatorie dei meritevoli: a Cosenza è di 15 mila
euro, a Perugia di 20 mila. «È giusto adeguare il valore del sussidio al costo della
vita», sostiene Laudisa: «Ma è sbagliato che
questo diventi uno sbarramento per chiunque». Così infatti succede che il figlio di una
famiglia modesta di Catanzaro si ritrovi
escluso da ogni aiuto, se resta a casa, mentre
se si trasferisse a Milano riceverebbe oltre
4 mila euro all’anno per arrivare alla laurea.
«È fondamentale stabilire al più presto dei
livelli essenziali, degli standard comuni a
tutto il Paese», sostiene Francesca Puglisi,
senatrice e responsabile Scuola del Pd:
«Tutti gli studenti devono avere gli stessi
diritti, a prescindere da dove siano nati o
abbiano scelto di laurearsi».
La risposta dovrebbe essere in un decreto
che le università aspettano da tredici anni,
in cui dare regole precise al mercanteggiare
scomposto delle borse di studio. Ma gli
enti locali insistono: più che nuove leggi
servono soldi, costanti nel tempo e sicuri,
non un cassetto di riserve in cui si possono
trovare un anno 150 milioni di euro (2008),
quello dopo 245 milioni (2009) e il successivo ancora meno di cento (2010), con la
minaccia che a breve non restino che i
bruscolini (i 13 milioni previsti per il 2014

giovedì 29 agosto 2013

Evviva! seggio elettorale taranto finalmente ovviamente ottenuto, e comunicato CSJ


Finalmente il Decano prof. Napolitano ha ceduto, ma non prima di aver bloccato la macchina del Politecnico per intere settimane per quello che appare quasi un 'capriccio'. Con questo non voglio stigmatizzare il prof Napolitano, che un giorno ci spieghera' se mai il suo comportamento avesse una logica, ma per stigmatizzare il sistema univeristario che ci ha reso tutti illusi di essere padroni ognuno di un certo Regno, che si chiami esame, che si chiami commissione, dipartimento, consiglio di amministrazione e, nei casi piu' gravi, Politecnico di Bari.

NON POSSIAMO CONTINUARE CON QUESTA LOGICA SE VOGLIAMO USCIRE FUORI DALLA PROVINCIA E DALLE LOTTE CONDOMINIALI.

grazie a tutti comunque quelli che hanno combattuto per una guerra assurda quanto ovvia da vincere. 

Auguriamo al prof. Napolitano un seguito di lavoro molto pou' sereno, super partes, e condiviso con la comunita' del Politecnico, centrato sulla comunita' degli studenti, dei docenti, delle famiglie, e non centrato sul Prof. Napolitano.

saluti, mc


Pierluigi Loscialpoposted toCsj Comitato Studentesco Jonico
Ciao ragazzi tra un'ora vi aspetto numerosi all'incontro con il Professor Di Sciascio ( candidato alla carica di Rettore ) a cui chiederemo diverse delucidazioni sul futuro della NOSTRA Università e tante altre cose ancora ( tipo tasse, biblioteca, ecc ecc ) che non sto ad anticiparvi.
Intanto volevo dirvi che finalmente, dopo NUMEROSE RICHIESTE SCRITTE E VERBALI FATTE AL RETTORE, è NOTIZIA UFFICIALE di ieri PM ORE 19.00 che a Taranto verrà messo un seggio per la votazione, impedendo così uno sciame di persone in trasferta per Bari, solo per poter espletare un proprio Diritto: il VOTO.
Sono personalmente molto soddisfatto che alla fine ancora una volta abbia vinto il buon senso, anche perché, come ho sempre sostenuto, in una sede come Taranto ( distaccata da quella di Bari, e Amministrativa ), un seggio è previsto da regolamento che ci debba essere; e non capivo perché saremmo dovuti essere vittime del l'ennesimo sopruso che ci avrebbe portato a non andare ad esercitare un nostro DIRITTO per protesta all'ennesima angheria subita.
Quello di avere un seggio a Taranto, è una buona conquista per noi, ma è pur sempre una vittoria ( contentino ) di Pirro, in quanto, noi dobbiamo partire da li per fare le nostre richieste ed ottenere risultati, sugli obiettivi importanti, sulle cose che contano...
Uno su tutti è quello di scommettere seriamente e definitivamente su Taranto facendolo diventare un vero e proprio Polo Universitario D'Eccellenza...
 — with Andrea Citoand 9 others.
Like ·  · about an hour ago near Lizzano, Puglia · 

mercoledì 28 agosto 2013

Lettera a Eugenio di Sciascio sui corsi del DEE a Taranto, in vista di sua visita di domani

Caro Eugenio
  mi scuso se domani non saro' al Tuo incontro (immagino peraltro solo con gli studenti).  Ho parlato molto con gli studenti e credo ti faranno domande sulla didattica e sulla chiusura dei corsi a Taranto, con paventata apertura di nuovi corsi "non duplicati" come dici nel Tuo programma.

Ti sintetizzo il mio pensiero
1) non sono daccordo ad attenermi strettamente alla nota 160 e ai paletti sui garanti, o meglio vorrei "aggirare" questo ostacolo, proponendo al tempo stesso soluzioni creative
2) non sono daccordo a "non duplicare" (per non "consumare" garanti), ma al contrario, direi di "duplicare" proprio nello spirito delle soluzioni creative.

In buona sostanza, direi che se i docenti del DEE fossero abbastanza disponibili a
1) fare corsi streaming da Bari  oppure ritenere validi corsi Nettuno, o corsi FEDERICA
2) pur mantenendo la soluzione principale che e' stata promessa di alloggi economici a Mungivacca per gli stessi studenti di Taranto
3) ritengo che molti studenti di Taranto non erano presenti a lezione nemmeno quando i corsi c'erano (lo so io che faccio spesso esami a fantasmi), e quindi sono favorevoli a corsi a "distanza" semplicemente perche' non possono frequentare
4) fare esami saltuari a Taranto, e non solo a Bari
5) garantire che chi non e' sempre presente a Bari non avrà trattamento di sfavore
6) fare molto tutoraggio su facebook
Insomma, proporrei di "riaprire" virtualmente i corsi magistrali "in duplex" su quelli di Bari, pur mantenendo aperti di fatto sulla carta solo quelli su BARI:  Gli studenti che vorrebbero di piu' sanno che
A) la proposta di corsi non duplicati non e' realistica (ingegneria siderurgica, ingegneria green, ingegneria smart cities), sono tutti specchietti per le allodole
B) rispetto ad un corso chiuso, uno "aperto" in modo innovativo è sempre meglio.
Credo che gli studenti, almeno quelli con cui ho parlato io, sarebbero daccordo.

Se mi vuoi parlare, sono a tua disposizione.
Michele

PS. Profitto per pubblicare una risposta che ho avuto sulla questione dei fondi tedeschi e parallelo con fondi per il Sud Italia



Michele,

per i prossimi 7 anni (2014-2020) i fondi europei destinati al sud italia
ammonteranno a 20 miliardi di euro (contro i 19 della intera germania).

30 miliardi per tutta italia.

proccupiamoci di come saranno spesi (se verranno spesi) questi quattrini.

quelli del periodo precedente 2007-2013 non sono stati spesi tutti ...
cerchiamo in qualche modo (tu sei abbastanza inserito credo) che tutta
questa montagna di quattrini venga spesa bene per lo sviluppo vero del sud
e di tutta la nostra nazione.

giavazzi e' un poveretto ... come si fa solo a pensare di chiudere una
universita' come quella di BARI!!! sulla base di cosa ... tre
pubblicazioni per docente in 7 anni?!!!! uno come lui (tra l'altro e' un
ingegnere!) dovrebbe occuparsi insieme al MIUR e alla Carrozza anche e
soprattutto di fondi per lo sviluppo (universita' comprese) e non solo
delle bacchettate da darsi in base alle tabelle excel di ANVUR.

fai bene a far polemica ma stai attento a non esagerare negli attacchi
personali.

Collega Pisano

martedì 27 agosto 2013

Eugenio di Sciascio also has a dream!

Ricevo da Eugenio di Sciascio una bellissima lettera, che richiama il mio

Grazie, Eugenio!   Cosi' possiamo procedere per i sogni nostri, dei nostri figli, dei nostri studenti, del ns SUD!

michele




Carissimi,

in questi tempi di crisi, nei quali talvolta anche il semplice sperare
appare stoltezza, mi permetto di richiamare alla vostra attenzione il
cinquantenario del discorso “I have a dream” pronunciato dal dr.
Martin Luther King a Washington, davanti al Lincoln Memorial, il
28/08/1963.

Nel 1963 in numerosi stati degli USA vigevano ancora leggi
segregazioniste e razziali. Oggi gli USA hanno un Presidente di
colore. Molto cammino è stato fatto e molto ne resta da fare.
I sogni e gli ideali, quando si è disposti a impegnarsi e a dare la
vita per essi (il dr. King verrà assassinato meno di cinque anni
dopo), possono realizzarsi.

Buon re-inizio,

Eugenio Di Sciascio

ps:  Per chi fosse interessato, di seguito riporto il testo originale
del discorso in italiano e in lingua originale.


_______________________
Sono orgoglioso di unirmi a voi oggi in quella che passerà alla storia
come la più grande manifestazione per la libertà nella storia del
nostro paese.
Cento anni fa, un grande Americano, sulla cui ombra simbolica ci
troviamo oggi, firmò la Proclamazione per l' Emancipazione. Questo
decreto importantissimo arrivò come un faro di speranza per milioni di
schiavi Negri bruciati dalle fiamme di questa raggelante ingiustizia.
Arrivò come una gioiosa aurora dopo una lunga notte di schiavitù.
Però cento anni dopo, il Negro non è ancora libero; cento anni dopo,
la vita del Negro è ancora dolorosamente segnata dai ferri della
segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il
Negro vive in un' isola deserta in mezzo a un immenso oceano di
prosperità materiale; cento anni dopo, il Negro tuttora langue negli
angoli della società americana e si trova in esilio nella propria terra.
Così siamo venuti qui oggi a denunciare una condizione vergognosa. In
un certo senso siamo venuti nella capitale del nostro paese per
incassare un assegno. Quando gli artefici della nostra repubblica
scrissero le magnifiche parole della Costituzione e della
Dichiarazione d'Indipendenza, stavano firmando una cambiale di cui
ogni americano era garante. Questa cambiale era la promessa che tutti
gli uomini, sia, l'uomo negro e l'uomo bianco, avrebbero avuto
garantiti i diritti inalienabili alla vita, alla libertà, e al
perseguimento della felicità.
È ovvio oggi che l'America è venuta meno a questa promessa per quanto
riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo obbligo
sacro, l'America ha dato alla gente negra un assegno a vuoto; un
assegno che è tornato indietro con il timbro fondi insufficienti. Però
ci rifiutiamo di credere che la Banca della Giustizia sia fallita. Ci
rifiutiamo di credere che non ci siano fondi sufficienti nelle grandi
casseforti dell'opportunità di questo paese. E allora siamo venuti a
incassare quest'assegno, l'assegno che ci darà a richiesta le
ricchezze della libertà e la sicurezza della giustizia.
Inoltre siamo venuti in questo luogo sacro per ricordare all'America
l'urgenza impetuosa del momento presente. Questo non è il momento di
raffreddarsi o prendere i tranquillanti della gradualità. Ora è il
momento di realizzare le promesse di Democrazia; ora è il momento di
uscire dall'oscura e desolata valle della segregazione verso il
cammino illuminato della giustizia razziale; ora è il momento di tirar
fuori il nostro paese dalle sabbie mobili dell'ingiustizia razziale
sul terreno solido della fraternità; ora è il momento di fare della
giustizia una realtà per tutti i figli di Dio. Sarebbe fatale per la
nazione passar sopra l'urgenza di questo momento. Quest'estate
soffocante per il malcontento legittimo del Negro non terminerà fino a
quando non venga un autunno vigoroso di libertà e uguaglianza.
Il 1963 non è una fine, ma un principio. E coloro che speravano che il
Negro avesse bisogno di sfogarsi per essere contento, avranno un duro
risveglio se il paese ritornerà alla solita situazione. Non ci sarà
riposo né tranquillità in America fino a quando al Negro non verranno
garantiti i suoi diritti di cittadino. Il turbine della ribellione
continuerà a scuotere le basi della nostra nazione fino a che non
sorgerà il giorno splendente della giustizia.
Però c'è qualcosa che io debbo dire alla mia gente, che sta sulla
soglia logora che conduce al palazzo di giustizia. Nel processo di
conquista del posto che ci spetta, non dobbiamo essere colpevoli di
azioni inique. Non cerchiamo di soddisfare la nostra sete di libertà
bevendo alla tazza del rancore e dell'odio. Dobbiamo sempre condurre
la nostra lotta su un piano di dignità e disciplina. Non dobbiamo
permettere che le nostre proteste creative degenerino in violenza
fisica. Ancora una volta dobbiamo elevarci alle altezze maestose
dell'incontro tra forza fisica e forza dell'anima. La nuova
meravigliosa militanza, che ha inghiottito la comunità negra, non
dovrà condurci a diffidare di tutta la gente bianca. In quanto
parecchi dei nostri fratelli bianchi, come oggi si vede dalla loro
presenza qui, si sono resi conto che il loro destino è legato al
nostro. E si sono resi conto che la loro libertà è inestricabilmente
legata alla nostra. Non possiamo camminare soli. E camminando,
dobbiamo fare la promessa che marceremo sempre in avanti. Non possiamo
tornare indietro.
Ci sono coloro che stanno chiedendo ai devoti dei Diritti Civili,
Quando sarete soddisfatti? Non potremo mai essere soddisfatti finché
il Negro sarà vittima degli orrori indescrivibili della crudeltà
poliziesca; non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi,
pesanti per la stanchezza del viaggio, non potranno riposare negli
alberghi delle autostrade e delle città; non potremo mai essere
soddisfatti finché la possibilità di movimento del Negro sarà da un
piccolo ghetto ad uno piú grande; non potremo mai essere soddisfatti
finché i nostri figli saranno privati della propria personalità e
derubati della dignità da un avviso scritto Solo Per Bianchi; non
potremo mai essere soddisfatti finché il Negro del Mississippi non
potrà votare ed il Negro di New York crederà di non avere nessuno per
cui votare. No! No, non siamo soddisfatti, e non saremo soddisfatti
fino a quando la giustizia non scorrerà come l'acqua e la rettitudine
come una forte corrente.
Sono ben consapevole che alcuni di voi son venuti fin qui con grandi
dolori e tribolazioni. Alcuni sono arrivati freschi da anguste celle
di prigione. Alcuni di voi sono venuti da luoghi dove la ricerca della
libertà li ha lasciati colpiti dalla tormenta della persecuzione e
barcollanti per i venti della brutalità poliziesca. Voialtri siete i
veterani della sofferenza creativa. Continuate a lavorare con la fede
che le sofferenze immeritate redimono. Tornate nel Mississippi;
tornate in Alabama; tornate nella Carolina del Sud; tornate in
Georgia; tornate in Louisiana; tornate nei tuguri e nei ghetti delle
nostre città del Nord, sapendo che in un modo o nell'altro questa
situazione può essere e sarà cambiata. Non ci rotoliamo nella valle
della disperazione.
Per cui vi dico, amici miei, che anche se affronteremo le difficoltà
di oggi e di domani, ancora io ho un sogno.
È un sogno profondamente radicato nel sogno Americano, che un giorno
questa nazione si solleverà e vivrà nel vero significato del suo
credo, noialtri manteniamo questa verità evidente, che tutti gli
uomini sono creati uguali.
Io sogno che nella terra rossa di Georgia, i figli di quelli che erano
schiavi ed i figli di quelli che erano padroni degli schiavi si
potranno sedere assieme alla tavola della fraternità.
Io sogno che un giorno anche lo stato di Mississippi, uno stato
ardente per il calore della giustizia, ardente per il calore
dell'oppressione, sarà trasformato in un oasi di libertà e giustizia.
Io sogno che i miei quattro figli piccoli un giorno vivranno in una
nazione dove non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per
il contenuto della loro personalità.
Oggi ho un sogno! Sogno che un giorno in Alabama, con i suoi razzisti
immorali, con un Governatore dalle labbra sgocciolanti parole
d'interposizione e annullamento, un giorno, là in Alabama, piccoli
Negri, bambini e bambine, potranno unire le loro mani con piccoli
bianchi, bambini e bambine, come fratelli e sorelle.
Oggi ho un sogno! Sogno che un giorno ogni valle sarà elevata, ed ogni
collina e montagna sarà spianata. I luoghi asperi saranno piani ed i
luoghi tortuosi saranno diritti, e la gloria del Signore sarà rivelata
ed il genere umano sarà riunito.

Questa è la nostra speranza. Questa è la fede con cui ritorno al Sud.
Con questa fede potremo tagliare una pietra di speranza dalla montagna
della disperazione. Con questa fede potremo trasformare il suono
dissonante della nostra nazione in un armoniosa sinfonia di
fraternità. Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme,
lottare insieme, andare in carcere insieme, sollevarci insieme per la
libertà, sapendo che un giorno saremo liberi, e questo è il giorno.
Questo sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio potranno cantare con
nuovo significato Il mio paese è tuo, dolce terra di libertà, di te io
canto. Terra dove è morto mio padre, terra orgoglio del pellegrino, da
ogni lato della montagna facciamo risuonare la libertà. E se l'America
sarà una grande nazione, questo si deve avverare.
E quindi lasciate risuonare la libertà dalle cime dei prodigiosi monti
del New Hampshire.
Lasciate risuonare la libertà dalle poderose montagne di New York.
Lasciate risuonare la libertà dalle altitudini degli Alleghenies della
Pennsylvania.
Lasciate risuonare la libertà dalle rocce coperte di neve di Colorado.
Lasciate risuonare la libertà dalle coste tortuose della California.
Ma non solo.
Lasciate risuonare la libertà dalla Montagna di Pietra della Georgia.
Lasciate risuonare la libertà dalla montagna Lookout del Tennessee.
Lasciate risuonare la libertà da ogni collina e montagna del
Mississippi, da ogni lato della montagna lasciate risuonare la
libertà. E quando questo accadrà, e quando lasceremo risuonare la
libertà, quando la lasceremo risuonare da ogni villaggio e da ogni
casale, da ogni stato e da ogni città, saremo capaci di anticipare il
giorno in cui tutti i figli di Dio, uomo Negro e uomo Bianco, Ebreo e
Cristiano, Protestante e Cattolico, potremo unire le nostre mani a
cantare le parole del vecchio spiritual Negro: Liberi finalmente,
liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo finalmente liberi.
______________________________
______
I am happy to join with you today in what will go down in history as
the greatest demonstration for freedom in the history of our nation.
Five score years ago, a great American, in whose symbolic shadow we
stand signed the Emancipation Proclamation. This momentous decree came
as a great beacon light of hope to millions of Negro slaves who had
been seared in the flames of withering injustice. It came as a joyous
daybreak to end the long night of captivity.
But one hundred years later, we must face the tragic fact that the
Negro is still not free. One hundred years later, the life of the
Negro is still sadly crippled by the manacles of segregation and the
chains of discrimination. One hundred years later, the Negro lives on
a lonely island of poverty in the midst of a vast ocean of material
prosperity. One hundred years later, the Negro is still languishing in
the corners of American society and finds himself an exile in his own
land. So we have come here today to dramatize an appalling condition.
In a sense we have come to our nation's capital to cash a check. When
the architects of our republic wrote the magnificent words of the
Constitution and the declaration of Independence, they were signing a
promissory note to which every American was to fall heir. This note
was a promise that all men would be guaranteed the inalienable rights
of life, liberty, and the pursuit of happiness.
It is obvious today that America has defaulted on this promissory note
insofar as her citizens of color are concerned. Instead of honoring
this sacred obligation, America has given the Negro people a bad check
which has come back marked "insufficient funds." But we refuse to
believe that the bank of justice is bankrupt. We refuse to believe
that there are insufficient funds in the great vaults of opportunity
of this nation. So we have come to cash this check -- a check that
will give us upon demand the riches of freedom and the security of
justice. We have also come to this hallowed spot to remind America of
the fierce urgency of now. This is no time to engage in the luxury of
cooling off or to take the tranquilizing drug of gradualism. Now is
the time to rise from the dark and desolate valley of segregation to
the sunlit path of racial justice. Now is the time to open the doors
of opportunity to all of God's children. Now is the time to lift our
nation from the quicksands of racial injustice to the solid rock of
brotherhood.
It would be fatal for the nation to overlook the urgency of the moment
and to underestimate the determination of the Negro. This sweltering
summer of the Negro's legitimate discontent will not pass until there
is an invigorating autumn of freedom and equality. Nineteen
sixty-three is not an end, but a beginning. Those who hope that the
Negro needed to blow off steam and will now be content will have a
rude awakening if the nation returns to business as usual. There will
be neither rest nor tranquility in America until the Negro is granted
his citizenship rights. The whirlwinds of revolt will continue to
shake the foundations of our nation until the bright day of justice
emerges.
But there is something that I must say to my people who stand on the
warm threshold which leads into the palace of justice. In the process
of gaining our rightful place we must not be guilty of wrongful deeds.
Let us not seek to satisfy our thirst for freedom by drinking from the
cup of bitterness and hatred.
We must forever conduct our struggle on the high plane of dignity and
discipline. We must not allow our creative protest to degenerate into
physical violence. Again and again we must rise to the majestic
heights of meeting physical force with soul force. The marvelous new
militancy which has engulfed the Negro community must not lead us to
distrust of all white people, for many of our white brothers, as
evidenced by their presence here today, have come to realize that
their destiny is tied up with our destiny and their freedom is
inextricably bound to our freedom. We cannot walk alone.
And as we walk, we must make the pledge that we shall march ahead. We
cannot turn back. There are those who are asking the devotees of civil
rights, "When will you be satisfied?" We can never be satisfied as
long as our bodies, heavy with the fatigue of travel, cannot gain
lodging in the motels of the highways and the hotels of the cities. We
cannot be satisfied as long as the Negro's basic mobility is from a
smaller ghetto to a larger one. We can never be satisfied as long as a
Negro in Mississippi cannot vote and a Negro in New York believes he
has nothing for which to vote. No, no, we are not satisfied, and we
will not be satisfied until justice rolls down like waters and
righteousness like a mighty stream.
I am not unmindful that some of you have come here out of great trials
and tribulations. Some of you have come fresh from narrow cells. Some
of you have come from areas where your quest for freedom left you
battered by the storms of persecution and staggered by the winds of
police brutality. You have been the veterans of creative suffering.
Continue to work with the faith that unearned suffering is redemptive.
Go back to Mississippi, go back to Alabama, go back to Georgia, go
back to Louisiana, go back to the slums and ghettos of our northern
cities, knowing that somehow this situation can and will be changed.
Let us not wallow in the valley of despair.
I say to you today, my friends, that in spite of the difficulties and
frustrations of the moment, I still have a dream. It is a dream deeply
rooted in the American dream.
I have a dream that one day this nation will rise up and live out the
true meaning of its creed: "We hold these truths to be self-evident:
that all men are created equal."
I have a dream that one day on the red hills of Georgia the sons of
former slaves and the sons of former slaveowners will be able to sit
down together at a table of brotherhood.
I have a dream that one day even the state of Mississippi, a desert
state, sweltering with the heat of injustice and oppression, will be
transformed into an oasis of freedom and justice.
I have a dream that my four children will one day live in a nation
where they will not be judged by the color of their skin but by the
content of their character.
I have a dream today.
I have a dream that one day the state of Alabama, whose governor's
lips are presently dripping with the words of interposition and
nullification, will be transformed into a situation where little black
boys and black girls will be able to join hands with little white boys
and white girls and walk together as sisters and brothers.
I have a dream today.
I have a dream that one day every valley shall be exalted, every hill
and mountain shall be made low, the rough places will be made plain,
and the crooked places will be made straight, and the glory of the
Lord shall be revealed, and all flesh shall see it together.
This is our hope. This is the faith with which I return to the South.
With this faith we will be able to hew out of the mountain of despair
a stone of hope. With this faith we will be able to transform the
jangling discords of our nation into a beautiful symphony of
brotherhood. With this faith we will be able to work together, to pray
together, to struggle together, to go to jail together, to stand up
for freedom together, knowing that we will be free one day.
This will be the day when all of God's children will be able to sing
with a new meaning, "My country, 'tis of thee, sweet land of liberty,
of thee I sing. Land where my fathers died, land of the pilgrim's
pride, from every mountainside, let freedom ring."

And if America is to be a great nation this must become true. So let
freedom ring from the prodigious hilltops of New Hampshire. Let
freedom ring from the mighty mountains of New York. Let freedom ring
from the heightening Alleghenies of Pennsylvania!
Let freedom ring from the snowcapped Rockies of Colorado!
Let freedom ring from the curvaceous peaks of California!
But not only that; let freedom ring from Stone Mountain of Georgia!
Let freedom ring from Lookout Mountain of Tennessee!
Let freedom ring from every hill and every molehill of Mississippi.
 From every mountainside, let freedom ring.
When we let freedom ring, when we let it ring from every village and
every hamlet, from every state and every city, we will be able to
speed up that day when all of God's children, black men and white men,
Jews and Gentiles, Protestants and Catholics, will be able to join
hands and sing in the words of the old Negro spiritual, "Free at last!
free at last! thank God Almighty, we are free at last

L'esempio tedesco delle fabbriche di vetro nella germania dell'est by VW in Dresden: on how to turn poor parts of the country in advanced engineering factories

Ho recentemente visitato questa fabbrica di Dresden.   Quando avremo dei Rettori illuminati e Governanti illuminati come i tedeschi che l'est lo hanno preso davvero in carico!

La "Fabbrica di Vetro"
compie dieci anni


L'originale struttura dove viene prodotta l'ammiraglia Phaeton è stata inaugurata l'11 dicembre del 2001 nel centro di Dresda in Germania ed è sede di importanti eventi artistici e culturali
Trasparente e limpida come il vetro. Uno "stabilimento" decisamente originale festeggiato degnamente dalla Volkswagen in occasione del decimo compleanno della "Fabbrica di Vetro", inaugurata l'11 dicembre del 2001 nel centro di Dresda in Germania. Nel corso degli anni, questo sito produttivo, dove viene realizzata l'ammiraglia Phaeton, è diventato inoltre sede di importanti eventi culturali.

Un luogo speciale insomma di cui alla casa di Wolfsburg vanno molto fieri: "Il concetto produttivo che anima la Fabbrica di Vetro è altrettanto spettacolare della fabbrica stessa: l'affascinante struttura è infatti stata integrata nel cuore di Dresda e attraverso le sue pareti trasparenti, permette di apprezzare come al suo interno convivano armoniosamente i processi industriali della produzione automobilistica con pregiate lavorazioni artigianali. Questo sistema di lavoro ha prodotto un bilancio di successo con oltre 60.000 vetture costruite sin dall'apertura, con la cifra record di 7.500 Phaeton realizzate nel 2010".

Indubbiamente tovandosi di fronte a una struttura simile è difficile immaginare una fabbrica di automobili tant'è che la Fabbrica di Vetro, grazie alla sua unicità, è diventata anche un luogo di cultura, accogliendo tra le sue "mura" spettacoli di grande rilievo come l'opera "Carmen" nel 2002. Inoltre, dal 2008 è diventata la sede del concerto all'aperto "Classical Picnic" che è parte integrante del calendario culturale della città
di Dresda.

Nel corso dei primi dieci anni, le sue caratteristiche esclusive hanno richiamato più di un milione di visitatori da tutto il mondo, tra cui personaggi celebri come Mikhail Gorbaciov, ex presidente russo e premio Nobel per la pace, e il principe Alberto di Monaco. (m. r.)
 


I recently visited this factory by VW in Dresden -- on the middle of the city, very clean, it seems a concert all. On the side of the TU Dresden. By Prof. Dr. Henn. An example for our Politecnico di BARI on how to take a underdeveloped part of the country and make experimentally very advanced engineering. Leonardo Damiani Luigi Maria Galantucci Vito Albino Saverio Mascolo 
The architect is Prof. Henn
This is a dream for Bari and Apulia region?

Will we find italians from the North generous like germans from west germany with east Germany?
Of we shall talk always of closing Universities in the South?

Transparent Factory

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Coordinates: 51°02′40″N 13°45′20″E

Front entrance of the Volkswagen Transparent Factory in Dresden
Transparent Factory is the English name of an automobile production plant owned by German carmaker Volkswagen, designed by architect Gunter Henn, and opened in 2002. The original German name is Gläserne Manufaktur (factory made of glass, literally vitreous manufactory). Both the German and English names are a word play on the double meaning of transparent and glassy, referring to both optical transparency and transparency of the production process.
The main purpose of the factory is the assembly of Volkswagen's luxury sedan, the Phaeton. Spare capacity was also used to construct Bentley Continental Flying Spur vehicles destined for the European market until 2006, when all work was transferred to Bentley's plant in Crewe, England.
The Transparent Factory is situated in the city center of Dresden, the 800-year-old baroque city known for its arts and craftsmanship. It stands at the former location of the convention center. The factory's walls are made almost completely of glass. Its floors are covered entirely in Canadian maple. Its visitor-friendly layout was designed to accommodate up to 250 tourists per day. There are no smokestacks, no loud noises, and no toxic byproducts. Volkswagen has planted 350 trees in the grounds.[1]
The transparent factory handles final assembly only. Operations such as stamping and welding and the painting of the steel bodies take place in Zwickau. Painted bodies arrive at the factory by truck. The other 1200 parts and 34 preassembled components are shipped to a remote logistics center and are transferred from there to the factory by CarGoTrams that run on Dresden's public transport tracks.
The German TV channel ZDF occasionally produces a philosophical panel discussion in the Transparent Factory, "Das philosophische Quartett" (The Philosophical Quartet).
To keep birds from flying into the glass, an outdoor speaker system emulates bird language marking the territory as "taken."[2]

Gallery

References

  1. ^ "Remind you of Longbridge?". Car Magazine: pages 94–95. August 2002.
  2. ^ Wasef, Basem. "21 Cool Facts About the Transparent Volkswagen Factory Read more: 21 Cool Facts About the Transparent Volkswagen Factory". Popular Mechanics. Retrieved 13 February 2012.

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